giovedì 24 ottobre 2019

Antiporno (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/10/2019 Qui
Tema e genere: Il rapporto tra il genere femminile ed il sesso è, come già in Guilty of Romance, il tema principale della pellicola. E, come accadeva in quello stesso film, anche in Antiporno (una specie di revival del sottogenere erotico giapponese Roman Porno) il sesso è lo strumento attraverso il quale la donna può essere libera in una società così tremendamente maschilista come quella giapponese.
Trama: Cronaca della quotidianità malata di Kyoko, giovane aspirante artista con la propensione alla pornografia, tra istinti belluini, derive corporali e isterismi violenti che trovano la vittima sacrificale nella mite segretaria Noriko. Ma non tutto è come sembra.
Recensione: Cos'è AntipornoAntiporno è un grido, un affronto alla società nipponica falsamente benpensante. Una facciata di falso moralismo dietro la quale si cela il degrado etico di una nazione che ha perso il controllo di sé stessa. In tal senso va subito detto che, nonostante vi siano scene di nudo (e inevitabilmente lesbo) piuttosto ripetute, il film prende le distanze dall'erotismo fine a se stesso, ludico e privo di senso. Al contrario, nel rispetto del titolo stesso, sembra prediligere un impianto malinconico, anti-erotico e femminista. Il Roman Porno è prevalentemente appannaggio di un pubblico maschile, spesso attratto dalla visione contrastante di delicate fanciulle tra le grinfie di (sp)orchi brutti e cattivi, ma il regista di Antiporno manifesta fin dalle prime sequenze un'attenzione più ai dettagli e ai contenuti che non al nudo, elemento qui inserito in una scenografia allucinata, resa completamente irreale dall'uso sfolgorante della fotografia. Colori accessi e luccicanti, che vanno dal giallo al verde, spesso in contrasto tra loro (rosso su giallo) come per rendere (tramite immagini) una contraddizioni in termini di tonalità. Una contraddizione che rispecchia il testo. Testo difficilissimo e di improbabile lettura, almeno di improbabile unica lettura. Perché Kyoko, lo si scopre dopo il primo twist spiazzante (il set cinematografico), sembra in realtà rivivere momenti della vita, in uno stato allucinatorio. La perdita della verginità, il controverso rapporto con un padre sposato in seconde nozze, una sorella dall'infausto destino, il desiderio di recitare in un film pornografico: esperienze (passate) che si succedono (mescolandosi) di nuovo sul teatro più triste che esista per una ragazza/oggetto, quello della vita. I piani di lettura (molteplici) e l'insistito linguaggio volgare, in contrasto con una pregevole regia e le affascinanti scene in tono "arcobaleno", rendono Antiporno un film di difficile catalogazione, ovvero né erotico, né drammatico. L'apprezzabile tentativo di prendere le distanze dalla consuetudine del filone, ovvero del corpo femminile visto come oggetto, quando non giocattolo, contrasta con il complicato meccanismo a incastro della sceneggiatura, finendo per confondere troppo spesso lo spettatore. Antiporno si colloca dunque in quel nutrito catalogo di titoli che possono essere valutati o zero o dieci, senza mezze misure. Dall'inguardabile all'eccezionale, pertanto (nel dubbio) sufficientemente interessante.

Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Sarebbe inutile aspettarsi qualcosa di preciso da Sion Sono, figura poliedrica ed eclettica che ha fatto dell'imprevedibilità uno dei suoi mantra (anche se tornano anche qui temi cari come quello della famiglia). Con Antiporno, il regista giapponese si cimenta questa volta nel pinku-eiga, in un'operazione di rilancio del genere attuata dallo studio di produzione Nikkatsu, che a partire dagli anni '70 aveva realizzato numerose pellicole di questo tipo. Com'è lecito aspettarsi da un autore come Sono, Antiporno (il titolo è un lampante avviso) non si presenta tuttavia solo come un film erotico softcore a basso budget ma prima di tutto come un'indagine, sottile e a tratti imprevedibile, sul ruolo della donna nella società giapponese, sulle imperanti tensioni maschiliste che ne influenzano i processi di legittimazione e sulla sua auto-percezione. Per farlo, Sono si avvale di un impianto visivo iper-pop, infatti i colori elettrici e psichedelici dei muri della location principale rendono il film una delle opere cinematografiche dall'impatto visivo più particolare ed originale degli ultimi anni, che raggiunge il suo apice spettacolare nel finale, un vero tripudio di colori che macchiano la pellicola, trasformandola in un oceano di vernice, con chiazze che parlano di istinto, di irruenza, di violenza e di genio. I colori così accesi, "irreali" e moderni cozzano con la colonna sonora che spazia dalla musica leggera a quella classica, in questo modo, si viene a creare un potpourri stilistico che fonde il pop ed il classico in modo elegante e meraviglioso, come solo Sion Sono poteva fare. In ultimo il cast, perfettamente in parte per quello che si viene a creare.
Commento Finale: Irriverente e provocatorio, Sion Sono realizza con Antiporno un esperimento sicuramente interessante (seppur non del tutto riuscito), nel quale, con il suo stile complesso e multiforme, riesce tuttavia a mettere in luce con chiarezza le contraddizioni più evidenti della società giapponese e in parte anche di quella occidentale. Senza per questo voler essere un'opera esaustiva sul tema, Antiporno risulta in ogni caso un brillante esempio di cinema stimolante, incisivo e che ci porta a riflettere su noi stessi e su ciò che ci circonda.
Consigliato: Ha un impianto teatrale, alcune scene sono effettivamente forti (ma mai deplorevoli), il tema è moderno, lascio a voi.
Voto: 6

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