sabato 12 ottobre 2019

Green Book (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/10/2019 Qui
Tema e genere: Vincitrice di tre premi Oscar 2019 tra cui quello come miglior film del 2019, questa agrodolce pellicola racconta l'amicizia tra un buttafuori italo-americano e un pianista afroamericano nell'America negli anni sessanta, fornendone così un importante affresco di quegli anni.
Trama: La vera storia di Tony Lip, un buttafuori italo-americano che nel 1962 viene ingaggiato per portare Don Shirley, uno dei pianisti jazz più famosi del mondo, da New York sino al profondo sud degli USA per un tour di concerti. Nell'epoca precedente all'affermazione dei diritti civili, l'afroamericano Shirley deve difendersi dal razzismo e dai pericoli a esso connessi. I due si ritroveranno a stringere un inaspettato legame, aprendo entrambi gli occhi sulla realtà e sul mondo in cui vivono.
Recensione: Peter Farrelly, regista comico tendente al demenziale, che ha alle spalle risultati talvolta felici e talvolta decisamente infelici (l'ultimo Scemo & + scemo 2), qui sorprende con questa commedia agrodolce, ben calibrata su tutti i fronti, gustosa e ricca di ingredienti variegati e diversi, ma ben dosati e mescolati tra loro. Il tono del film è amaro ma il regista riesce a farci ben convivere un pizzico di commedia, cosicché la vicenda triste e amara di un pianista nero di talento che affronta una serie di concerti nel sud razzista degli Usa, accompagnato da un italoamericano di bassa estrazione, venga raccontata con delicatezza, con dolcezza, con un sorriso senza scadere mai nella retorica lacrimosa del dramma. Condita da una colonna sonora evocativa, da una ricostruzione storica affascinante, da paesaggi naturali bellissimi che contrastano con la cultura becera e razzista degli Stati Uniti degli anni '60 (che in quegli anni era profonda), quella di Green Book è una storia (grazie alla sceneggiatura, una sceneggiatura ben scritta, in cui le battute ficcanti e le trovate spiazzanti tengono alto il ritmo e le divertenti zuffe verbali tra i due improbabili compari impediscono la caduta nel buonismo più mieloso) che scorre ottimamente per oltre due ore senza mai un calo di ritmo, in un crescendo di tensione narrativa esemplare (c'è da notare che a ogni tappa in cui il pianista si reca, gli episodi di intolleranza si fanno più fastidiosi). I due protagonisti, Viggo Mortensen e Mahershala Ali, con le loro recitazioni agli antipodi, il primo molto sopra le righe e il secondo rigorosamente contenuto, il primo caciarone ed estroverso e l'altro timido e sofferente, danno vita a uno scontro stilistico/recitativo decisamente incisivo, che mantiene sempre alto il livello del ritmo. Il film posa soprattutto su di loro, su questo scontro/incontro così brillante e frizzante e mai banale, che è una gioia per chi lo guarda (molto belli infatti i dialoghi tra i due: accalorati scontri durante le scene in auto, e più intimi ed emozionali durante i pasti o nelle camere d'albergo). Insomma, per farla breve, Green Book (il titolo del film deriva da una guida per afroamericani pubblicata tra gli anni '30 e '60 del secolo scorso, The Negro Motorist Green Book, guida che indicava gli hotel e ristoranti in cui erano benvenuti negli stati del Sud, un insieme di posti dalle condizioni igieniche precarie, lontani da standard di decenza e dal benessere dei bianchi) è un film semplice ma dotato di un meccanismo perfetto, ricco di sensibilità, di impegno civico e anche di un po' di poesia in cui lo stile di Peter Farrelly ha apportato quel tocco di umorismo che ha consentito alla narrazione di non scivolare mai verso la retorica del dramma. Difatti è un film che fa riflettere, che coinvolge, che crea indignazione, ma sempre con un sorriso sulle labbra che, talvolta, sfocia nella commozione (da Road Movie a tema Buddy Buddy coi fiocchi, con un ritmo coinvolgente e con dei momenti molto divertenti). Non so se era da Oscar (come miglior film soprattutto), me ne mancano un po' ancora, ma sicuramente da vedere, rivedere e far vedere.

Regia: Sorprende la bravura del regista nell'essere riuscito a descrivere, con estrema sensibilità ed efficacia (soprattutto attraverso i gesti, le azioni, e il sottotesto governato splendidamente) due personaggi così autentici, così diversi e conflittuali. Gli esilaranti dialoghi nonsense (marchio di fabbrica dei Farrelly) qui lasciano spazio a dibattiti e battibecchi basati proprio sul conflitto fra i due personaggi: fin dall'inizio è evidente che i due abbiano qualcosa di molto più profondo in comune, un'alchimia rara che dovranno scoprire. Sono due outsider, due pesci fuori d'acqua, quelle persone che una volta che si trovano non si lasciano più. Ed è proprio dal conflitto (motore unico di ogni grande storia che si rispetti) che prende il via la narrazione, e che narrazione.
SceneggiaturaGreen Book parte dalle interviste che Nick Vallelonga, figlio di Tony, ha realizzato negli anni al padre e a Shirley. Peter Farrelly ne ha tirato fuori una sceneggiatura con il contributo di Brian Currie. E che sceneggiatura direi, sicuramente una delle migliori sceneggiature (originali) degli ultimi anni. Potrebbe sembrare solo un altro film sulla discriminazione della comunità afroamericana, e in effetti è quello il suo tema principale: eppure la sceneggiatura ci racconta la storia in un modo tutto suo, non assumendo mai i toni drammatici e pedanti di chi vuole impartire una lezione, è, piuttosto, una narrazione che coinvolge lo spettatore, lo fa immedesimare nei due protagonisti, lo fa indignare per le ingiustizie che devono subire, lo fa ridere (ma ridere sul serio) e lo fa riflettere senza imporsi, la morale del film è intrisa in ogni suo aspetto, in ogni parola, in ogni scena, senza il bisogno che una voce fuori campo venga a spiegarla a chi guarda. E ci si rende conto che mentre scorrono i titoli di coda, tra una battuta e una risata, Green Book ci ha restituito qualcosa di più di due ore di svago: ci ha regalato un insegnamento e una piccola fetta di umanità e fiducia nell'uomo (anche perché, va ricordato, si parla di una storia vera).
Aspetto tecnico: Notevole la colonna sonora che accompagna il viaggio dei due, famosi brani di Blues alternati al repertorio classico del trio Don Shirley. Bene anche il resto, come già detto, la pellicola è ben condita tecnicamente, sia visivamente che concettualmente.
Cast: La forza del film è l'interpretazione dei due protagonisti. Viggo Mortensen, ingrassato e spogliato della sua naturale eleganza, tira fuori una specie di antenato del Joey Tribbiani di Friends, sempre affamato, ignorante ma animato da una bontà radicale. Mahershala Ali conferma di poter fare praticamente qualsiasi ruolo. Esemplare inoltre il cast di supporto, in particolare la dolce e comprensiva Linda Cardellini.
Commento Finale: Sarà forse un film "furbo", costruito ad arte per piacere al pubblico (e all'Academy, a loro è infatti piaciuto), con la sua tematica politicamente corretta e l'immancabile lieto fine ridondante di buoni sentimenti, anche natalizi, ma è sicuramente un bel film, un gran bel film. Basato su di una storia vera, che sarà certamente stata romanzata un pochino, colpisce lo spettatore con l'ormai classico tema dell'amicizia impossibile che nasce tra persone apparentemente diversissime tra loro. La vicenda è di certo nota a tutti, con questo artista di colore che, negli Anni '60, deve fare una lunga tournée nel Sud degli States e si trova come autista (e guardia del corpo) un italo americano mezzo mafioso. Una sceneggiatura notevole ed una ricostruzione ambientale impeccabile sono indubbiamente i punti di forza di questa pellicola. Ma al di sopra di tutto c'è la prova attoriale dei due protagonisti, giustamente valutata con vari premi: soprattutto Mahershala Ali, assai adatto al ruolo dell'elegante ma scostante pianista e sempre bravissimo, ma anche Viggo Mortensen, autore di una grande interpretazione, lui, scandinavo, nella parte di un italo americano sgraziato ma risoluto e risolutivo. Due personaggi che paiono antitetici ed incompatibili, ma che, costretti ad una vicinanza forzosa, si stuzzicano, si annusano, litigano e poi empatizzano. E' vero, detta così non pare proprio una storia nuovissima ed originale, con gli opposti che alla fine si attraggono (anzi, è proprio questo il "difetto" maggiore), ma devo ribadire che questa volta Peter Farrelly (autore di note commedie demenziali) inaspettatamente (per me) dirige davvero un gran bel film.
Consigliato: Che si apprezzi o meno, Green Book è un film da vedere.
Voto: 7,5

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