martedì 22 ottobre 2019

La paranza dei bambini (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/10/2019 Qui
Tema e genere: Interamente recitato in napoletano e sottotitolato in italiano, questo film, che è l'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo scritto da Roberto Saviano, è un dramma di formazione che parla di criminalità, ma non solo.
Trama: Nel rione Sanità di Napoli crescono nuovi giovani boss: guidati da Nicola e dal figlio dell'ex boss che un tempo guidava il quartiere. Nell'incoscienza della loro età vivono in guerra e la vita criminale li porterà a una scelta irreversibile: il sacrificio dell'amore e dell'amicizia.
Recensione: Parliamoci subito chiaro, La paranza dei bambini è un bel film, ben fatto e di pregio, che non fatica a porsi come opera interessante e di qualità, che quindi merita di essere visto, perché racconta ugualmente delle storie importanti, ma è anche un film che fallisce nel distanziarsi da opere precedenti. Le storie che il film ci racconta sono tristi, coinvolgenti, necessarie, ma è una ripetizione, che lo si voglia o no. C'è da dire infatti che per quanto concerne questo lavoro di Claudio Giovannesi, regista emergente di indubbio talento, pur se lodevole nelle intenzioni e interessante nella disamina delle dinamiche criminali e del comportamento dei piccoli delinquenti in erba, somiglia troppo a tanti prodotti similari che lo hanno preceduto. A parte il famoso Gomorra sia il film che la serie, anche tante altre pellicole più o meno recenti. La sostanziale differenza, è che questo è un racconto di iniziazione, che parte da zero per giungere al crimine più efferato, questa escalation è tanto sorprendente, laddove i suoi protagonisti sono solo dei "bambini" costretti a crescere in fretta, in un luogo infernale, senza speranze e prospettive, dove vige qualcosa che assomiglia molto alla legge della giungla. Stride volutamente il momento in cui il giovanissimo protagonista, conquistato il quartiere, dopo aver sparato e ucciso senza il benché minimo rimorso, litiga con il fratello piccolo, per delle merendine. Dunque si parla di ragazzini ingenui, immaturi, che incoscientemente imboccano la strada senza ritorno, del crimine. Fanno tenerezza e rabbia, nella loro indole, coesistono slanci affettuosi e comportamenti spietati. Nicola (il protagonista) fa la corte a Letizia (interpretata dalla bella Viviana Aprea), regalandole dei palloncini, si diverte sulle autoscontro insieme alla sua fidanzata, poi la bacia al San Carlo durante l'esecuzione di un'opera lirica. Ci sono molti elementi di riflessione e il film è ben girato e ben interpretato da attori non professionisti, reclutati proprio dalla strada, quindi molto realistico, soprattutto nel linguaggio, un dialetto napoletano stretto, giustamente sottotitolato (in tal senso il grande pregio di questo film crudo e schietto sta proprio nel descrivere questa realtà in modo vivido e diretto, raccontando le storie di ragazzini con manie e sentimenti tipici dell'età che hanno). A rimarcare l'aderenza della trama con l'attualità, la cronaca partenopea tristemente ci riferisce quotidiana mente, di "stese" effettuate con disinvoltura, nei quartieri malfamati di Napoli, proprio ad opera di baby-gang. Per chi non lo sapesse le cosiddette "stese" consistono in raid compiuti da giovanissimi balordi a bordo di motorini, che sparano all'impazzata ad altezza d'uomo, non hanno bersagli precisi, ogni tanto qualche pallottola vagante colpisce qualcuno, che ha solo il torto e la sventura di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, servono unicamente a "marcare il territorio" cioè a comunicare a tutti, che in quel quartiere, comandano loro.
E insomma ci sono tanti motivi d'interesse in quest'opera, un'opera in cui scene di violenza, vera o potenziale, tengono spesso con il fiato sospeso, altre fanno ridere e sorridere, come possiamo ridere davanti a dei gusti estetici un po' discutibili, ma sul fatto che a proposito di questo argomento non c'è nulla da ridere o da prendere alla leggera (come invece fanno i protagonisti) ce lo ricorda il finale, duro, spietato, che ribadisce il fatto che dalla camorra e dalle organizzazioni criminali simili, a differenza del gioco, non si può uscire, tuttavia resta sempre desta la sensazione, di aver già visto e sentito quasi tutto. In definitiva però, seppur non sarà nulla di nuovo, non si riesce a non apprezzarlo.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/CastLa paranza dei bambini è molto lontano dall'essere un film brutto, noioso, di serie B. È solamente una storia già raccontata (non è un caso che la perfetta scena finale rimandi ad una storia che continuerà ad evolversi ma che già sappiamo dove andrà a parare). Ed è un peccato per tutte le parti coinvolte, nessuna delle quali è colpevole di nulla. Dispiace per i giovani protagonisti, che si trovano qui a debuttare clamorosamente bene (soprattutto il protagonista, Francesco Di Napoli, che interpreta Nicola con una vulnerabilità da vero professionista, ma tutti sono in perfetta armonia con le riprese serrate che seguono dei dialoghi elettrici, costantemente tesi). Dispiace per Claudio Giovannesi, uno dei registi italiani più stratificati, che anche qui mostra le sue capacità senza timori. Dispiace anche per Roberto Saviano, colpevole solo di voler raccontare le storie complicate della sua terra, quelle che conosce meglio. Ma forse è ora di dire basta.
Commento Finale: Tratto dal libro omonimo di Roberto Saviano, che lo ha sceneggiato insieme al regista e a Maurizio Braucci, il quinto film di Claudio Giovannesi conferma l'impegno e l'interesse del regista capitolino nei confronti delle realtà più periferiche e degradate. Un interesse che però stavolta (rispetto ai più efficaci Alì ha gli occhi azzurri e Fiore) ripropone lo schema Gomorra (sia il film di Matteo Garrone che la serie tv): bande criminali in guerra perpetua e talvolta fratricida tra loro, omicidi e tradimenti, attrazione smodata per il lusso, case con i cessi laccati in oro e le statue di leoni ruggenti in salotto, tripudio del kitsch, feste nuziali di smodata pacchianeria e l'immancabile sottofondo dei neomelodici e delle loro canzonacce di serie Z (inoltre poiché fin troppo minuzioso e preciso, il film avrebbe avuto forse bisogno, in pochi passaggi, di una struttura narrativa meno costruita e consequenziale, uno spiraglio, una via di fuga poetica che qui, ogni volta che sembra possibile si interrompe in fretta). Insomma, il film (pur diretto benissimo, fotografato solo con macchina a mano e con la consueta maestria da Daniele Ciprì e affidato a un cast intonatissimo e perfettamente all'altezza della situazione) non aggiunge nulla ai film di camorra visti da una quindicina d'anni a questa parte. E tuttavia, è e rimane un film potente, caustico quanto basta, e profondamente umano, nel bene e nel male, da vedere.
Consigliato: A parte le mie rimostranze, e come già detto, questo è un film che merita comunque di essere visto.
Voto: 6,5

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