Titolo Originale: La promesse de l'aube
Anno e Nazione: Francia, Belgio 2017
Genere: Biografico, Drammatico
Produttore: Eric Jehelmann, Philippe Rousselet
Regia: Éric Barbier
Sceneggiatura: Éric Barbier, Marie Eynard
Cast: Pierre Niney, Charlotte Gainsbourg, Didier Bourdon, Jean-Pierre Darroussin
Catherine McCormack, Finnegan Oldfield, Pawel Puchalski, Némo Schiffman
Katarzyna Skarzanka, Zoe Boyle, Arieh Worthalter
Catherine McCormack, Finnegan Oldfield, Pawel Puchalski, Némo Schiffman
Katarzyna Skarzanka, Zoe Boyle, Arieh Worthalter
Durata: 123 minuti
Charlotte Gainsbourg e Pierre Niney nell'avventurosa biografia del romanziere Romain Gary,
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 10/03/2020 Qui - Attraverso la storia di una madre tenace e combattiva, assai poco propensa alla resa, e in seguito alle vicissitudini sin avventurose della storia di vita di suo figlio, si dipana una vicenda familiare drammatica e concitata che, attraverso l'utilizzo di un lungo e complesso flashback, segna la genesi del romanzo autobiografico La promesse de l'aube, più in generale la scuola di vita del celebre scrittore ed autore Gary Romain. Per fare ciò però il regista (Eric Barbier, al suo quinto lungometraggio) sceglie un approccio tragicomico, puntando sdrammatizzare e alleggerire le conseguenze di un sentimento così forte e schiacciante. Ma nonostante le buone intenzioni il risultato stride continuamente perché non trova mai un equilibrio capace di indurre al sorriso e alle lacrime dando però anche colpa alle pulsioni messe in campo. Egli opta infatti per l'illustrazione e la spiegazione, inanellando una successione di episodi per lo più grotteschi e fracassoni. L'assenza di spessore dei personaggi, figurine che si vorrebbero pervase dal mito, e una comicità un po' grossolana, evitano derive poco rassicuranti e stoppano sul nascere domande scomode. Ecco quindi la linearità con tanto di prologo, svolgimento e conclusione, e una voce fuori campo onnipresente che toglie ambiguità e sottigliezze all'interagire dei personaggi. Charlotte Gainsbourg si adatta con determinazione allo stile caricaturale prescelto, ma la sua Nina diventa una macchietta con gestualità sovraccarica da operetta. Più sfumato il Romain di Pierre Niney ma è la caratterizzazione del personaggio a risultare piuttosto incolore e priva di quel pathos che le parole continuamente evocano. Tra sequenze tecnicamente complicate e spettacolari, una computer grafica a servizio del racconto e continui cambi di geografie ed epoche, il dramma di un rapporto indissolubile e distruttivo predilige l'avventura, gli episodi buffi, l'esagitazione, la grandeur. Le luci hanno quindi la meglio sul buio, ma sono anche gli aspetti meno interessanti della vicenda. Una vicenda, un film, seppur fortemente drammatico, decisamente buffo. Voto: 5
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