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martedì 21 aprile 2020

Driven - Il caso DeLorean (2018)

Titolo Originale: Driven
Anno e Nazione: USA, Porto Rico, Regno Unito 2018
Genere: Biografico, Drammatico
Produttore: Rene Besson, Walter Josten, Brad Feinstein
Luillo Ruiz, Piers Tempest
Regia: Nick Hamm
Sceneggiatura: Colin Bateman
Cast: Jason Sudeikis, Lee Pace, Judy Greer, Corey Stoll, Isabel Arraiza
Michael Cudlitz, Erin Moriarty, Justin Bartha, Iddo Goldberg
Tara Summers, Jamey Sheridan
Durata: 105 minuti

Jason Sudeikis in una commedia tratta da una storia vera.
1974: una spia dell'FBI entra nella vita dell'ingegnere John DeLorean, che sta progettando l'auto che porterà il suo nome.

mercoledì 31 luglio 2019

L'incredibile viaggio del fachiro (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2019 Qui
Tema e genere: Un film picaresco su un avventuriero coraggioso alla ricerca della propria strada.
Trama: Aja è un giovane che vive di espedienti a Mumbai. Alla morte della madre decide di intraprendere un viaggio alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto. Ma qualcosa va storto e si ritrova a girovagare per l'Europa nel tentativo di raggiungere Parigi e di conseguenza l'amore.
Recensione: Tratto dal romanzo L'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea del francese Romain Puértolas, il film del regista franco-belga-indiano Ken Scott cerca di sfruttare l'onda di altri film ambientati in india come The Millionaire o Vita di Pi. La trasposizione cinematografica può contare anche su un cast di nomi importanti, come Bérénice BejoGerard Jugnot e l'attore indiano Dhanush, molto famoso in patria. Il film vorrebbe mantenersi su un clima da racconto rocambolesco, con il povero Aja che finalmente riesce a partire dall'India per la Francia con un visto turistico per cercare un padre che non sa neanche se esista veramente. Nella tanto agognata Parigi incontra una ragazza nel famoso negozio di mobili con cui imbastisce una scenetta di vita coniugale, si ferma di nascosto per la notte addormentandosi in un armadio che però viene impacchettato e spedito in Inghilterra. Così Aja si trova a girare per l'Europa senza documenti, potendo contare solo sul suo talento di narratore e sulla benevolenza della gente che incontra. Amore, pericoli, solitudine e successo in una viaggi che tocca Gran Bretagna, Francia e Italia per poi tornare al paese d'origine, l'India. Peccato che il regista non sappia decidersi su che registro mantenersi: il film oscilla sempre tra momenti che vorrebbero essere comici (ma non troppo) o romantici (ma poco comici) in scenari (spesso visibilmente digitali) che alla fine danno un effetto straniante, un po' alla Monty Python (ma meno divertente). Troppo studiato nelle situazioni per risultare spontaneo, spesso troppo sdolcinato per essere credibile, Lo straordinario viaggio del fachiro è una simpatica favoletta senza troppe alzate d'ingegno, che vorrebbe essere edificante per aiutare a comprendere culture differenti e difendere i migranti, ma anche gli argomenti seri rimangono a un livello molto esile. Meglio godersi le scenette e i (comunque) bravi attori. Sono loro infatti a far sì che questa fiaba moderna riesca nella sua leggerezza ad emozionare (bello il messaggio del karma, inteso come destino e di come un individuo può riscattarsi grazie all'accettazione e alla fantasia con cui gioca le sue "carte") e divertire (anche se la credibilità, al contrario di Easy: Un viaggio facile facile è minore) almeno un po', anzi, di più, tanto da meritare la sufficienza.

venerdì 5 luglio 2019

Una stagione da ricordare (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/02/2019 Qui - Non voglio essere troppo duro con un film che omaggia la memoria di una ragazza strappata alla vita troppo presto e in maniera tragica, ma da premiare in questa Una stagione da ricordare (The Miracle Season), film del 2018 diretto da Sean McNamara, film basato sulla reale vicenda della squadra femminile di pallavolo dell'Iowa City West High School a seguito dell'improvvisa scomparsa del loro capitano Caroline Found il 17 agosto 2011, squadra che cerca conforto e sostegno nella loro amorevole allenatrice nella speranza di vincere il campionato (riuscendoci dopo un incredibile filotto di vittorie), ci sono solo i momenti di commozione che il cast (composto principalmente da William HurtHelen Hunt ed Erin Moriarty) interpreta al meglio, facendoci partecipi delle emozioni vissute. Il regista invece (abbastanza mediocre, vista la sua filmografia non proprio invidiabile) mostra delle lacune spaventose: non solo non conosce una mazza del regolamento della pallavolo moderna, ma le scene sul campo non hanno nessuna spinta, nessun agonismo da evidenziare e nessuna grande emozione da condividere e tutto sembra imbastito in maniera superficiale da risultare inutile e vuoto. Penso che l'intento di questo film, come già accennato, sia esclusivamente quello di rendere nota una storia vera che inneggia ai buoni sentimenti e che magari serva da insegnamento ai giovani, e da questo punto di vista la sufficienza se la merita, ma la gestione tecnica (debole e dalla sceneggiatura banale) fa davvero acqua da tutte le parti. Ed è un peccato perché il volley è uno sport che meriterebbe più visibilità al cinema (insomma, non che sia in verità uno sport "regale") e una più accurata presentazione (quest'ultima soprattutto). E tuttavia, anche se le scene sportive non regalano quei momenti di adrenalina agonistica come altre pellicole, non si può restare indifferenti di fronte ad un film che durante i titoli di coda (in cui come da prassi le foto dei familiari di Caroline e di Caroline stessa fanno da sfondo) fa salire l'empatia verso una vicenda umana straziante. Di fronte ad un film dove come detto bene fanno i protagonisti, con William Hurt che si fa preferire alla Hunt, un film assolutamente non memorabile, ma bello, interessante e sufficientemente riuscito. Voto: 6

mercoledì 19 giugno 2019

Within: Presenze (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/11/2018 Qui - Within: Presenze (Horror, Usa, 2016): La partenza è di quelle da brividi, da non intendersi però in senso positivo. Tutta la peggior summa di stereotipi inerenti i film con presenze infestanti prende forma tra la solita famigliola fresca di trasloco, un'adolescente incavolata col mondo, un gatto che vede cose celate a noi miseri umani e quindi il consueto armamentario di suoni sinistri, oggetti spostati e ombre misteriose. La pellicola del misconosciuto Phil Claydon (in cui il cast non è malaccio, anche se Erin Moriarty non spicca particolarmente) tenta di prendere il volo sfruttando fondamentalmente un unico colpo di scena, poi dilatato senza trovare particolari idee originali o snodi sbalorditivi. A dirla tutta una ventina di minuti in meno non avrebbero cambiato di molto il risultato complessivo, anche se in tutta sincerità l'appendice conclusiva qualcosina in più regala. Nel complesso però il film soffre di una piattezza indiscutibile con la tanto sospirata sorpresa a rivelarsi un bluff, in quanto purtroppo già utilizzata altrove più volte e in modo migliore, risultando alla fine perciò poco accattivante. Non resta quindi che tentare di godersi l'azione tutto sommato ben congegnata dell'ultima mezz'ora, tenendo però presente che prima di arrivare al dunque urge sorbirsi un'insopportabile fiera della banalità su ghost-house e affini. Da guardare solo una volta. Voto: 5

martedì 21 maggio 2019

Blood Father (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 26/04/2018 Qui - Blood Father (Azione, USA, Francia, 2016): Un film che prova a distinguersi dal minestrone che è diventato questo genere, ma fallisce miseramente, toccando punti di idiozia difficilmente raggiungibili (qui difatti non c'è una storia che non sia stata già vista e rivisitata). La pellicola infatti, adattamento cinematografico del romanzo omonimo scritto da Peter Craig, qui anche co-sceneggiatore e produttore, e nonostante un regista "importante", ovvero quel Jean-François Richet di Nemico Pubblico Nr. 1 e Assault on Precint 13, non offre alcuno spunto per poterci avvincere o sorprendere, nemmeno una tenace tecnica di ripresa che esalta le scene d'azione e le sparatorie sanguinose che attraversano il thriller. D'altronde il film, che si apre con una scena molto interessante, e che ci racconta di un padre che torna in azione per aiutare la figlia finita in un mare di guai con la criminalità, è un prodotto abbastanza bruttino con uno sviluppo banale e scontato. Non c'è inoltre un approfondimento degno di questo nome, il rapporto tra padre e figlia è troppo prevedibile e c'è una serie incalcolabile di banalità e di buchi di sceneggiatura. Senza dimenticare che la ragazza, seppur interpretata dalla bella e brava Erin Moriarty, è troppo antipatica, e il personaggio del padre, interpretato da Mel Gibson (che grazie al fisico culturista non sfigura totalmente, anche se sarebbe meglio continuasse a fare il regista, perché più che discreto è La battaglia di Hacksaw Ridge), è abbastanza squallido. Ancor più deludente il resto, anche il finale che, seppur diverso rispetto ai soliti finali di questi film, l'ho trovato davvero di pessimo gusto, anche se avrebbe avuto il suo effetto, se la resa filmica non fosse stata così scarsa. Ho trovato tristissimo inoltre il ruolo affidato al bravo William H. Macy, e ho trovato tristissimo vederlo relegato nel suo "inutile" ruolo. Tanto che alla fine l'unico aspetto positivo (oltre comunque ad una passabile prova attoriale anche di Diego Luna) è la durata non eccessiva (non arriva neanche 90 minuti). Non a caso Blood Father è probabilmente un un film perfetto per tutti coloro che hanno voglia di staccare la spina per un po', ma non è un film per coloro che cercano anche qualcosa in più rispetto a quello che non si è già visto. Tuttavia non totalmente bocciato ma neanche lontanamente promosso. Voto: 5

lunedì 1 aprile 2019

Captain Fantastic (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/10/2017 Qui - Captain Fantastic, presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival 2016, vincitore all'undicesima edizione della Festa del cinema di Roma e vincitore del premio alla miglior regia al Festival di Cannes 2016 (proiettato nella sezione Un Certain Regard), è un'avventura emozionante e divertente (del 2016 scritta e diretta da Matt Ross) che vede protagonista un padre fuori dagli schemi ed i suoi sei figli. Dopotutto questa è essenzialmente una commedia, che, strizzando l'occhio al genere indie, e al contempo, e soprattutto, ad una cultura hippie, mai eradicata dallo stereotipo anticonformista statunitense, tratta temi alquanto delicati e riflessivi, come quello dell'adolescenza, e di conseguenza dell'educazione, passando per borghesia e proletariato, nonché per l'economia di mercato, col suo fervente e dissonante capitalismo. Infatti la pellicola racconta di Ben (Viggo Mortensen), un padre decisamente sui generis e sopra le righe, che ha deciso assieme alla moglie Leslie di crescere i figli lontano dalla moderna civiltà consumista, nei meravigliosi boschi del Nord America. I ragazzi seguono una rigida disciplina basata sostanzialmente sulla filosofia della mens sana in corpore sano, questi sono, difatti, quotidianamente impegnanti in duri allenamenti atti a temprare ed irrobustire il loro fisico e vengono inoltre sottoposti ad una impegnativa istruzione che spazia dai testi di filosofia e di politica, a quelli di letteratura, di scienze e via dicendo. In questo modo tanto i più grandi quanto i più piccoli saranno, secondo Ben, perfettamente in grado di difendersi e di procurarsi del cibo da soli nonché di sostenere una discussione su qualsiasi argomento in maniera esaustiva e di avere una propria opinione critica negli ambiti più disparati. Questa vita apparentemente arcadica e paradisiaca però viene interrotta quando arriva la notizia che la madre dei ragazzi si è suicidata in ospedale. A quel punto, nonostante il suocero (Frank Langella) minacci di fa arrestare il padre se oserà farsi vedere al funerale, la tribù sale un vecchio scuolabus dipinto di blu e si mette in viaggio per il caldo del Nuovo Messico. Ma sarà solo l'inizio di un viaggio che porterà la famiglia a confrontarsi non solo con la società moderna ma con le loro idee e modi alquanto poco convenzionali e forse inadatti nel mondo reale.