mercoledì 8 luglio 2020

La collina dei papaveri (2011)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/07/2020 Qui - Il ritorno di Goro Miyazaki alla regia di un nuovo film d'animazione lascia non del tutto soddisfatti. Suo fu l'esordio con I racconti di Terramare, favola fantasy che però non convinse la critica e pure il pubblico, questa volta ci prova con un racconto di formazione più vicino alle corde del padre e maestro Hayao Miyazaki, che ne firma la sceneggiatura (quest'ultima ispirata ad un manga), ma il risultato è il medesimo, ovvero poco convincente. Nonostante abbia infatti una trama abbastanza originale e pochino interessante (quanto purtroppo prevedibile), nel Giappone degli anni Sessanta i giovanissimi Umi e Shun, che condividono il sogno di cambiare il mondo, si innamorano, ma un segreto potrebbe dividerli, il film risulta lento e a tratti noioso a causa delle troppe scene ripetitive e a causa di interminabili sequenze utili solo per arrivare ai 90 minuti di durata. La regia di Goro Miyazaki quindi non brilla assolutamente risultando in alcuni punti prolissa e faticosa. Senza dubbio le sue abilità si sono affinate rispetto al suo primo film diretto, ma la strada che ha da percorrere è ancora lunga, però continuando nella giusta direzione egli può crearsi un suo stile e deliziarci con ottime pellicole. Cosa che ovviamente non è questa di pellicola, che dal punto di vista semantico è vuota, i personaggi di Umi e Shun avrebbero potuto essere sviluppati meglio, così come le loro vicende familiari, tanto che alla fine risulta molto più interessante la storia del palazzo da risistemare che quella dei protagonisti. La conclusione della vicenda, inoltre, mi è sembrata banale e sbrigativa (e delle canzoni avrei fatto anche a meno). Con questo non voglio dire però che La collina dei papaveri sia un brutto film, anzi, dopotutto esteticamente è molto ben fatto, bello anche il messaggio proposto (ovvero l'importanza di avanzare e di rinnovare senza radere al suolo il passato e la memoria di chi non c'è più), ma sicuramente poteva essere realizzato molto meglio. Perché nel complesso è sì un buon prodotto (ed in ogni caso meritano di essere menzionati tra i doppiatori originali Nao Ōmori, l'Ichi di Takashi Miike, e Keiko Takeshita, già in Arrietty), ma niente di più. Voto: 6+

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