Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2020 Qui - Una delle cose che resta a fine visione è sicuramente la serena malinconia che il finale contagioso trasmette inevitabilmente. Il film è sostenuto da una discreta regia, di Valeria Golino (alla prova seconda), ma da un plot con tante imperfezioni. I personaggi principali pur in scena per due ore rimangono piatti. Le interpretazioni sono buone, frutto di due attori di mestiere che si divertono in scena donando anche siparietti di spontaneo realismo. Purtroppo non basta, almeno a far andare oltre la sufficienza questa pellicola, pellicola che inoltre spesso indugia troppo nella classica commedia all'italiana con qualche tinta tragica. Anche perché tranne che per pochi momenti non ho mai sentito che fossero fratelli, non c'era quel legame, ancora di più se si pensa che le due facce sono totalmente diverse (Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea). Forse così dev'essere (poteva la regista non scegliere il suo ex?), ma un po' più di accortezza nella scelta del cast era dovuta. Neanche troppo chiari gli intenti della regista, non saprei quanto il vero tema della regista appunto sia la malattia o piuttosto il rapporto fra fratelli, praticamente inesistente, dove la malattia rappresenta solo il modo per fare i conti con esso (e poi, il sacro e profano costante, risulta non sempre consono). Qualche figura collaterale mi è sembrata infine superflua, come tutta la pletora di amici di Matteo, ma il film rimane comunque solido, soprattutto per il fatto che questo film sulla bellezza della vita riesca a trasmettere ottimismo. Alla fine non resta infatti altro che la sensazione di folle attaccamento alla vita, che ognuno affronta in modo diverso, con l'augurio di non perdere mai la scintilla dello stupore. Voto: 6
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