Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2020 Qui - Un uomo e una donna condividono lo stesso posto di lavoro ma entrambi hanno dei limiti che tenderebbero ad allontanarli se un evento surreale che li accomuna non li avvicinasse. Il titolo, programmatico, riassume in maniera netta l'argomento del film: si parlerà di corpo e anima, di come l'uno sia limitato dall'altro e di quanto sia difficile trovarne una sintesi nella realtà. Questo assunto e il successivo sviluppo sono quasi schematici e spinti quasi al limite del didascalico (i due protagonisti menomati nel corpo e nella mente, il collega disinibito e quello insicuro, il macello), rischiando sulla carta di limitare l'efficacia del film. Ma la regista Ildikó Enyedi riesce ad aggirare la trappola con un bellissimo gioco di traslazione: spoglia i corpi dei personaggi della loro espressività e la riversa sugli oggetti, evitando così il sentimentalismo senza perdere in sentimento. Ecco che quindi una saliera abbandonata in penombra dal suo amato si carica di vera malinconia e questa espressività degli oggetti evita le sottolineature e colma le (volute) lacune. A questo si aggiunge un'ironia surreale (ben supportata dalla recitazione in sottrazione dei due protagonisti, soprattutto di lei, Alexandra Borbély) che assieme a una gran cura delle immagini (belle le immagini dei cervi nelle foreste innevate e la canzone di Laura Marling) stempera con successo una certa crudezza che ogni tanto traspare (in tal senso, ed essendo ambientato in un mattatoio, occhio). Un film in sostanza che non rinuncia ad osare e vince la sua scommessa di mostrare un cuore celandocelo. Un film asciutto e rigoroso, dall'intreccio essenziale ma in realtà profondamente complesso, Corpo e anima si è aggiudicato l'Orso d'Oro (Festival di Berlino), nel 2018 designato dall'Academy come film rappresentante il cinema ungherese e candidato per l'Oscar al miglior film straniero. Voto: 7
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