Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/05/2022 Qui - Negli anni Settanta un lungometraggio del genere era una discreta
novità, in pieno monopolio Disney. Belladonna of sadness non fu un
successo ma è stato riscoperto più avanti (eccomi non a caso). E' una
storia di emancipazione, figlia di quei tempi, nello stile psichedelico
del film che può apparire datato, ma che in realtà esprime in pieno
tutta la sua carica emotiva. Una donna violentata nel corpo e
nell'anima, innamorata di un uomo debole e soggiogato dal potere del
Signore locale. Lo spirito si rivalsa si manifesta sotto forma del
demonio, l'erotismo e la sensualità sono gli strumenti attraverso cui
opera la sua rinascita. Un lungometraggio affascinante costruito
principalmente da tavole animate e veri trip lisergici (a volte fin
troppo ridondanti). La scena dello stupro, l'apparizione della morte
nera sono solo degli esempi di un lavoro ben curato e valido sotto
l'aspetto visivo ed emotivo. La potenza espressiva di Eiichi Yamamoto trova forza nel minimalismo
assumendo aspetti disturbanti adatti ad una storia dove il male si
combatte proprio con quei mezzi che da sempre esso rifugge, qui
sintetizzati in una fiaba nera morbosamente seducente e astutamente
sovversiva. Stupefacente da un punto di vista stilistico e visivo, e con
elementi che in futuro daranno spunto a più di una pellicola. Peccato
non lo sia affatto sul piano narrativo: la storia, infatti, va avanti un
po' troppo faticosamente tra pause e reiterazioni. Alla fine la
sensazione è quella di aver assistito ad un film che sicuramente ha
qualità, ma a cui manca più di qualcosa per stagliarsi pienamente nella
memoria. Nonostante ciò resta un piccolo capolavoro (sperimentale) dell'animazione nipponica. Voto: 7
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