Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/06/2020 Qui - Parte il viaggio alle origini di uno dei registi più interessanti e formidabili degli ultimi dieci anni, vedendo (dopo averli visti quasi tutti) prima la sua seconda opera e prossimamente la prima. Un opera seconda decisamente originale e curiosa, un po' appesantita dalla forma (la voce che introduce ed accompagna è quella di un pesce sanguinante macellato da un corpulento e visivamente disturbante essere umano), ma già elaborato nell'intreccio narrativo. Maelstrom (sono dei gorghi tipici dei mari norvegesi da cui è possibile, qui metaforicamente, giacché è la protagonista la barca alla deriva, venirne risucchiati verso l'abisso) è un opera interessante, dove Denis Villeneuve dimostra già uno stile preciso (ben diretto con una buona fotografia dalle forti tonalità contrastanti, perfetta per comunicare appunto il gelo dei sentimenti e la predisposizione a lasciarsi trascinare alla deriva, dal gorgo o maelstrom che sia). Accompagnato dal bel viso dell'intensa e brava Marie-Josée Croze, l'allora giovane regista canadese traduce in realtà una favola che sa di leggenda. Una favola condita di molto dark humour in cui tutto alla fine coincide e si incastra, pezzo per pezzo. In parte semplicistico per questo motivo, ma che comunque affronta la tematica del senso di colpa coinvolgendo (e tanto) lo spettatore (il percorso verso la redenzione è lungo e faticoso, ma quando tutto sembra ormai perduto e compromesso, l'amore e la soluzione degli affanni arriva da chi invece ti sembrava il vero problema da affrontare). Non il migliore di Villeneuve, ma ad ogni modo interessante. A tutti gli effetti un grande inizio di carriera di uno dei migliori e ancor giovani cineasti del momento. Voto: 6,5
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