Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/06/2020 Qui - Assurdità pazzesca di Miike che tira fuori dal cilindro un film quasi Lynchiano (affine a Lynch nelle intenzioni ma non nella forma), in cui è quasi impossibile capirci qualcosa ma che ti trascina in un girotondo di pazzia che ti rende impossibile staccare gli occhi dal monitor (del PC) nonostante il ritmo sia ai limiti del soporifero. La sequenza del parto è qualcosa che rimane impressa nella mente per il resto della vita e da sola merita la visione. Gozu (presentato anche a Cannes) è delirante, indefinibile, perturbante e chissà cos'altro. In tale delirio però è un piacere perdersi (anche se forse un tantino lungo), seguire le vicissitudini del protagonista, in questa sorta di viaggio di formazione (un incubo weird è meglio) dove la sua figura tipica di yakuza viene sempre più sfumata. La galleria di personaggi che si incontrano nel film sono uno più bizzarro dell'altro. Secondo me se ad un film del genere gli si vuole dare a tutti i costi un senso, si commette un madornale errore. Bisogna lasciarlo fluire per venirne ipnotizzati. Takashi Miike, come al solito, gira alla grandissima, utilizza con parsimonia ma in maniera perfetta suoni e soprattutto rumori, dirige benissimo i suoi attori e ammanta il tutto con i caratteristici temi che abitualmente lo contraddistinguono violenza, sesso, ironia. Ne viene insomma fuori una delle pellicole tra le più "malate" che abbia mai visto, una giostra della follia che fotografa in modo perfetto l'immaginario del regista, il suo Alice nel paese delle meraviglie, ma ovviamente depravato, morboso, inquietante e nonsense all'ennesima potenza, dove pure si ride. E quindi un film delirante, che non si dimentica facilmente, e scusate se è poco. Voto: 7
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