Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2024 Qui - Bocciato, se qualcosa di buono nel primo Shark era stato fatto, qui si salva poco o nulla. Un film d'azione, d'avventura poco riuscito, con scene al limite dell'inverosimile e assolutamente poco credibili. I dialoghi sono pessimi e la sceneggiatura è molto scarsa, anche la fantascienza risulta troppo esagerata e al limite della decenza, con idee completamente folli. Le scene d'azione, ultima carta che potrebbe giocarsi il film per salvarsi, arrivano a stento, concentrandosi nel finale, ma sono confuse, incoerenti, montate male, scontate ed in sintesi davvero poco avvincenti (e non parliamo degli attori, a parte Jason Statham, tutti gli altri fuori parte). Evita il disastro totale grazie al ritmo, le quasi due ore film passano senza troppi problemi, e agli effetti speciali, fatti abbastanza bene. Nel suo genere funziona, rientrando tuttavia tra quei film che di certo non ti viene la voglia di rivederli. Voto: 4,5 [Infinity Plus]
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mercoledì 31 gennaio 2024
Shark 2 - L'abisso (2023)
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giovedì 4 marzo 2021
The ABCs of Death (2012)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/03/2021 Qui - Un lungo, sporco e irriverente collage dell'orrore e della follia, umana ma non solo, questo è The ABCs of Death, che nasce con i crismi della raccolta antologica, apparendo pretenzioso e al tempo stesso affascinante nell'assunto, ma catturando l'interesse già in partenza per via della qualità di alcuni dei nomi coinvolti, tutti per lo più giovani gravitanti nell'orbita indipendente e talvolta con alle spalle almeno un'opera di buon livello o di successo. The ABCs of Death presenta tutto ed il suo contrario. Un'opera altalenante e discontinua per concetto (nata dallo sforzo comune di Magnet Releasing, Drafthouse Films e Timpson Films Productions), nella quale non si può non sottolineare l'abisso che separa la pochezza e la grossolanità del maggior numero degli episodi, alcuni dei quali meriterebbero lo skip preventivo (G is for Gravity di Andrew Traucki, K is for Klutz di Anders Morgenthaler, S is for Speed di Jake West, ma anche W is for WTF! di Jon Schnepp), dall'elevato livello di una netta minoranza di altri che si ergono per distacco (D is for Dogfight di Marcel Sarmiento, era in V/H/S: Viral, L is for Libido di Timo Tjahjanto, P is for Pressure di Simon Rumley, regista di The Living and the Dead, T is for Toilet di Lee Hardcastle, questo con D i due migliori in assoluto, Y is for Youngbuck di Jason Eisener, insieme a Tjahjanto era in V/H/S 2). Come detto la qualità non è elevata, ma cose buone, altre cose buone ci sono, in tal senso non deludono alcuni nomi di spicco (oltre ad alcuni nominati già precedentemente), mentre altri lo fanno. Tra i primi B is for Bigfoot di Adrian Garcia Bogliano (Here Comes the Devil), Q is for Quack di Adam Wingard e Simon Barrett (note le loro collaborazioni in film come The Guest), U is for Unearthed di Ben Wheatley (Free Fire) e X is for XXL di Xavier Gens (Crucifixion), tra i secondi A is for Apocalypse di Nacho Vigalondo (Colossal), C is for Cycle di Ernesto Diaz Espinoza (Bring Me the Head of the Machine Gun Woman) e M is for Miscarriage di Ti West (V/H/S ma non solo). Tra i nomi meno famosi (almeno personalmente), i migliori o quelli almeno sufficienti, E is for Exterminate di Angela Bettis, H is for Hydro-Electric Diffusion di Thomas Malling, N is for Nuptials di Banjong Pisanthanakun, R is for Removed di Srdjan Spasojevic e V is for Vagitus di Kaare Andrews, i peggiori o quelli decisamente mediocri, I is for Ingrown di Jorge Michel Grau e O is for Orgasm di Bruno Forzani ed Hélène Cattet. Discorso diverso per i registi giapponesi presenti, uno più folle dell'altro, con corti pazzi ed assurdi, e solo uno raggiunge la sufficienza, il più stravagante (trash), F is for Fart di Noboru Iguchi (regista, sceneggiatore e attore di film folli), perché sia J is for Jidai-geki di Yûdai Yamaguchi che Z is for Zetsumetsu di Yoshihiro Nishimura convincono poco. Tirando le somme, il voto complessivo è 6. Non ho fatto una media precisa precisa (sì l'ho fatta), la mia sufficienza è comunque motivata dal fatto che ci sono 4 o 5 corti che restano impressi, ma il resto viaggia in alto mare. Perché abbiamo corti divertenti, corti ottimamente diretti, corti metacinematografici ma anche corti inutili, corti diretti male e corti davvero brutti. Qualche lampo di genio, altrettante cadute rovinose, per il resto un mix di idee eterogenee sviluppate più o meno bene. Nel complesso non c'è troppo da lamentarsi. Voto: 6
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martedì 25 giugno 2019
Free Fire (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/01/2019 Qui - Impossibile non pensare a Quentin Tarantino o a Martin Scorsese (che, tra l'altro, qui è produttore) mentre scorrono davanti agli occhi le scene di Free Fire, ultimo film di Ben Wheatley, peccato che questo film del 2016 sia, dopo lo strano e insipido High-Rise (tratto da Il condominio di Ballard), l'ennesima delusione. Un film tutto ripiegato su se stesso, inutilmente claustrofobico, un film dalle atmosfere pulp (giacché la storia è ambientata negli anni '70), inutilmente vintage. Il film e il regista infatti (ovviamente personalmente parlando), non riescono fino in fondo a sfruttare la concentrazione di luogo, tempo e azione. Eppure il film partirebbe bene e sembrerebbe anche svilupparsi piuttosto degnamente, poi ad un certo punto le sparatorie cominciano a diventare ridondanti e il film scivola verso il trash più totale, si vede decisamente la voglia di creare qualcosa di simile alle "Iene" di Tarantino (appunto) con ampio condimento Western di sparatorie che si sprecano, ma è tutto parecchio assurdo, anche a livello di sceneggiatura, perché il buon senso, ad un certo punto, per quanto si abbia a che fare con gente svalvolata, dovrebbe prevalere, e invece la sparatoria, l'oggetto del film, che impegna almeno 70 dei 90 minuti di cui si compone il film, insieme al finale, lascia parecchio a desiderare. L'impostazione Tarantiniana difatti, è probabilmente la maggiore forza ma anche e soprattutto la maggiore debolezza di Free Fire: chi ama il genere si sarà divertito, ma forse non avrà trovato il film sufficientemente estremo e l'avrà giudicato a volte (troppe volte) un po' lento (ma anche altro, tra questi io), mentre per chi non è appassionato di questo stile il gradimento sarà stato presumibilmente pari a zero.
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martedì 9 aprile 2019
High-Rise (2015)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2017 Qui - High-Rise (Fantascienza/Azione, Gran Bretagna, 2015): Un film abbastanza strano è questo, perché la critica di J. G. Ballard (autore del romanzo di cui questo è l'adattamento), e pertanto del film, che tra horror e fantascienza, ci parla della complessità, falsità e fragilità dei rapporti sociali tra le persone, lascia interdetti. Certamente non per colpa del buon Ben Wheatley (seppur Kill List io l'ho trovato mediocre), che si conferma un autore capace di assestare colpi niente male, ma probabilmente dipende dal romanzo, di cui non riesco a cogliere il fascino. La tematica sociale e l'assunto filosofico infatti, mi appaiono forzati e il gioco si rivela da subito un po' troppo facile. Anche perché la sceneggiatura è interessante ma anche difficile e non di immediata comprensione (senza dimenticare che il tutto è stranamente ambientato nel 1975). High-Rise difatti, ambientato in futuro non troppo distante ma altresì distopico, al di là delle evidenti lodevoli intenzioni (ovvero proporre un discorso sociologico, la lotta di classe che in questo microcosmo, un gigantesco stabile, diventa lotta per la sopravvivenza e che fa crollare l'intera "impalcatura" ed anche liberare istinti primordiali troppo a lungo repressi come omicidi, bagordi, lussuria e voglia di vendetta), sembra più un horror sanguinario e confuso (anche scontato e un po' furbo) che un film di approfondimento sociale ad ampio respiro. Soprattutto per me che ovviamente non ho letto il romanzo, perché nelle due (eccessive e inconsistenti) ore di durata, nonostante una buona la regia che seleziona bene i tempi dell'incedere della follia, anche grazie al funzionale cast, Tom Hiddleston, Jeremy Irons, Sienna Miller, Luke Evans, Elisabeth Moss e James Purefoy, si è palesata troppo volte la pesantezza e noia. Anche perché l'andazzo confuso, surreale, inconcludente e lento inficia la visione rendendola una tortura poco sopportabile. Comunque non un brutto film, ma solo personalmente poco coinvolgente e deludente. Un film forse non per tutti i gusti. Voto: 5,5
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