Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2022 Qui - A Pif non manca certo
l'ambizione (vedasi Momenti di trascurabile felicità) e pur rifacendosi a modelli riconoscibili come Lei (Her) e
simili, questo film contiene delle buone intuizioni, però
sovraccaricando di tematiche che in certi aspetti rimangono abbastanza
schematiche. Il concetto stesso di lavoro declinato a schiavitù
legalizzata, come di schiavitù è l'atteggiamento collettivo di farci
influenzare le nostre esistenze da applicazioni e like. E tutto questo
con il nostro permesso e proprio per questo il titolo del film è
pienamente indovinato (bene gli attori). Non tragga in inganno il tono da commedia del
film, la storia lascia un senso profondo di solitudine e disperazione
che il finale, affatto consolatorio, fa trasparire. Meno compatto delle
sue opere precedenti, certamente non un film banale, a mio parere. Al
netto di un didascalismo superfluo e qualche sbavatura, il film diverte e
fa riflettere, risultando una sorta di Black Mirror all'italiana. Ritmo abbastanza fluido, per una visione gradevole e senza grossi affanni. Voto: 6+
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