Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/04/2021 Qui - Torna il folle personaggio kazaco, protagonista di un film datato 2006, un film che sinceramente mi disse davvero poco all'epoca, anche perché la comicità del personaggio troppo surreale per i miei gusti, lo stesso con questo sequel, in cui a tratti si ride senza capire bene il perché. Il bersaglio stavolta è l'America Trumpiana (il protagonista deve consegnare un dono del presidente del Kazakistan al vicepresidente USA), ancora sotto forma di un finto documentario ma senza aggiornare il tipo di comicità che è sempre quella politicamente scorretta, misogina molto volgare e quasi mai realmente divertente. Sacha Baron Cohen tuttavia, si rivela dissacratore come sempre, gioca su ironie e situazioni forzate per farci riflettere, e ci riesce anche con questo film (dove la realtà supera, in parte, la comicità di Borat), e qui sta la sufficienza del voto che ho attribuito. Per il resto sono scarse le battute (alle volte un po' disgustose e poco divertenti) e le scene provocatorie/imbarazzanti (che a me non sempre piacciono, non così esplicite almeno). Se vale la pena vederlo? Direi di sì, ma se avete apprezzato e avete riso col primo Borat e con il Dittatore, non aspettatevi altrettanto da questo film, un film di cui due candidature agli Oscar mi sembrano esagerate, anche se nota di merito proprio per l'interpretazione della figlia di Borat: la brava e coraggiosa Maria Bakalova, che ne ha ricevuta una. Voto: 6
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