Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2024 Qui - Un sunto esplicativo (non privo di più o meno sana retorica) di ciò che è il fenomeno dell'immigrazione raccontato con gli occhi di due giovani senegalesi che affrontano l'impervio deserto del Sahara per trovare nell'Europa la loro Terra Promessa. Matteo Garrone illustra con piglio fiabesco il viaggio e l'ostilità degli ambienti, scuote con inevitabili immagini dure ma non si dimentica della tensione alla speranza, ribadisce il valore dell'empatia verso i sognatori e i caratteri indomiti. La trama procede in maniera forse troppo schematica (affidandosi agli squarci onirici per colmare alcuni buchi di sceneggiatura), ma il messaggio arriva dritto al punto grazie anche ad un giovane magnetico protagonista. Se Pinocchio descriveva l'odissea per diventare umani, quella di Seydou racconta l'epica di chi conserva la propria umanità nonostante tutto: lo sradicamento, la fuga dalla realtà, il tradimento della fiducia, la mercificazione dei corpi, l'oltraggio alla dignità. Un prezioso punto di vista su un tema tragico del presente, e futuro (la cinquina degli Oscar lo conferma). Voto: 6,5 [Sky]
Visualizzazione post con etichetta Matteo Garrone. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Matteo Garrone. Mostra tutti i post
giovedì 8 febbraio 2024
mercoledì 16 settembre 2020
Pinocchio (2019)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/09/2020 Qui - Matteo Garrone è uno dei più importanti registi italiani di oggi, ed è giusto attendere (anche e soprattutto dopo Dogman) tanto da un suo nuovo film, e le aspettative non vengono deluse. Nonostante non fossi entusiasta della sua scelta di riportare sullo schermo la fiaba di Carlo Collodi, nonostante non mi sia interessato al progetto come ai precedenti devo ammettere che, la pellicola mi ha piacevolmente sorpreso, perché, anche se resterà probabilmente un'opera minore nel percorso del regista come già lo era Il racconto dei racconti, al tempo stesso questo Pinocchio (vincitore di 5 David di Donatello a fronte di 15 candidature all'edizione 2020) può contare su qualità visive (nonché sonore) e di sostanza tutt'altro che disprezzabili. Purtroppo il regista sconta la circostanza di arrivare tardi a dirigere un adattamento fedele al libro che non può avvalersi della libertà di invenzione di altre versioni precedenti, e questo lo rende meno originale, meno memorabile nel complesso rispetto alla versione di Luigi Comencini, che resta probabilmente la migliore in assoluto pur essendo girata per la televisione. Il regista si avvale della collaborazione dell'attore Massimo Ceccherini per lo script, sicuramente fedele allo spirito e anche alla lettera, per quanto possibile, di Carlo Collodi: la narrazione si dipana in maniera episodica, in maniera abbastanza fluida, con alcune scelte insolite come la Fata Turchina sdoppiata in una versione da bambina e una da adulta. Alcuni personaggi come Mangiafoco fanno una comparsa piuttosto rapida e forse avrebbero necessitato di più spazio, in una galleria di comprimari dove spicca senz'altro il Geppetto reso da Roberto Benigni senza eccesso di istrionismo e con un calore umano sempre tangibile (bravissimo secondo me pure Teco Celio nei panni del Giudice Gorilla). Il Pinocchio che sta al centro del racconto non ha l'incisività e il colore di quello del 1972, ma il regista riesce comunque ad inscrivere il suo romanzo di formazione in una prospettiva moderna a cui giovano i numerosi tocchi realistici presenti soprattutto nella scenografia. E la fotografia riesce a disegnare con la luce quadri tutt'altro che privi di fascino e reminiscenze pittoriche che ammaliano l'occhio dello spettatore. Quindi nel complesso un film forse parzialmente risolto ma che merita sicuramente una visione. Voto: 7
Labels:
Avventura fantasy,
David di Donatello,
Davide Marotta,
Federico Ielapi,
Gigi Proietti,
Massimiliano Gallo,
Massimo Ceccherini,
Matteo Garrone,
Maurizio Lombardi,
Roberto Benigni,
Rocco Papaleo,
Romanzo
venerdì 31 gennaio 2020
Dogman (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2020 Qui
Tema e genere: Ispirandosi al cosiddetto delitto del Canaro, questo film drammatico, selezionato per rappresentare l'Italia ai premi Oscar 2019 nella categoria per il miglior film in lingua straniera (ma non è entrato nella short-list dei dieci film pre-selezionati),
Trama: Un uomo tranquillo, che vive per i suoi amati cani e per la sua figlioletta, è succube di un ex pugile violento che terrorizza l'intero quartiere. E dopo varie angherie egli finirà per prendere consapevolezza su quanto negativa sia l'influenza dell'amico, immaginando una vendetta dall'esito inaspettato.
Recensione: Dogman, nono film di Matteo Garrone, è l'ennesima favola nera (nerissima) della sua carriera, iniziata sotto il profilo di un "realismo poetico" e proseguita, da L'imbalsamatore (2002) in poi, con storie estreme in cui i personaggi si muovono come in un sogno, spesso un incubo, o appunto come in una favola nera. Qui c'è un uomo piccolo e mite, ovvero Marcello (interpretato da uno strepitoso Marcello Fonte, attore sgraziato e capace di infondere purezza al suo personaggio), amorevole con i cani (e con la figlia), ansioso di avere l'amicizia delle altre persone del quartiere, debole con chi fa la voce grossa con lui come Simone. Per proteggerlo (per paura di lui), Marcello finirà anche in carcere. Al suo ritorno le cose precipiteranno, tra isolamento dei vicini e nuove angherie di Simone. Come detto, il film si ispira, liberamente, al cosiddetto "delitto del Canaro", che si consumò a Roma negli anni '80, a Garrone però non interessa ricostruire fedelmente quel delitto, che trasporta in un'altra zona e in un'altra epoca (è ambientato ai giorni nostri). Più importante, come negli altri suoi film, è il contesto e lo sfondo visivo: un panorama suburbano squallido, tra architetture orribili, costruzioni abbandonate e squarci di natura selvaggia, tanto da far pensare a un incrocio tra un western suburbano e un horror tra l'allucinato e l'onirico (grazie anche ai temi musicali che si susseguono). Attorno a Marcello (pauroso quando le cose si mettono male, ma anche desideroso di rispetto) non c'è solo Simone, violento e costantemente fuori di testa, ma anche altre persone come i proprietari di negozi e locali accanto a lui che condividono l'insofferenza ma anche la potenziale violenza nei rapporti.
mercoledì 2 gennaio 2019
Il racconto dei racconti (2015)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/06/2016 Qui - Il racconto dei racconti: Tale of Tales è un avventuristico e fantastico (nel senso del genere) film del 2015, diretto da Matteo Garrone. La pellicola è l'adattamento cinematografico della raccolta di fiabe Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, ed è difatti composto da tre diversi episodi liberamente tratti da altrettanti racconti di questa raccolta di fiabe, narrati e intrecciati fra loro: La cerva, La pulce e La vecchia scorticata. Premetto che (come ho sempre affermato) non sono un critico cinematografico, e che non ero a conoscenza di questa fiabe (forse solo quella della pulce), e che non ho la presunzione di giudicare un opera d'arte (secondo molti) come questa, mi rimetto a scrivere quello che penso e quello che mi è arrivato vedendo questo film. Ebbene, posso liberamente affermare (il giudizio è comunque soggettivo e sono libero da ogni preconcetto), che la pellicola è una mezza schifezza, una grossa delusione e una grande presa per i fondelli. Poiché nonostante il film io non lo ritengo brutto ma solo atipico e strano (troppo), è soprattutto difficile da decifrare, difficile anche da recensire perché molto volte la pellicola volge al 'nonsense', ovvero che travalica il senso generale delle cose, ma ovviamente a ciò ci sono dei pro e dei contro, pregi e difetti, come vediamo (o almeno che io ho visto) per tutto il lungometraggio. Prima di tutto questo non è il classico fantasy-fiabesco a cui siamo generalmente abituati, e questo mi ha subito spiazzato, come molti convinti di assistere alla proiezione del classico fantasy, condito di re, draghi, orchi e maghi e cosparso dell’immancabile patina di Medioevo, invece appunto si rimane stupiti (non proprio in positivo) ed estraniati da ciò che si vede, anche ad una certa lentezza che, dalle prime scene, caratterizza il film, una dimensione temporale che mal si accorda con il prototipo di film fantasy, non ci sono infatti eroi né grandi gesta e questo rende il racconto diverso dalle solite fiabe ma probabilmente per questa sua peculiarità il film ha qualche parte un po' troppo "fiacca" e dispersiva, mi sarei aspettato un confluire delle storie narrate più deciso, più netto, che avrebbe certamente dato una diversa grandezza all'intera opera.
Labels:
Alba Rohrwacher,
David di Donatello,
Fantasy drammatico,
John C. Reilly,
Matteo Garrone,
Salma Hayek,
Shirley Henderson,
Stacy Martin,
Toby Jones,
Vincent Cassel
Iscriviti a:
Post (Atom)