Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/12/2019 Qui
Tema e genere: Commedia agrodolce basata sul romanzo Portami a casa (This Is Where I Leave You) di Jonathan Tropper, che ha curato anche la sceneggiatura.
Trama: Quando il loro padre muore, quattro fratelli adulti di origini ebree (ognuno schiacciato dalla propria esistenza) sono costretti a tornare alla loro casa di infanzia e a vivere sotto lo stesso tetto per una settimana insieme alla madre e a un assortimento vario di coniugi, ex e occasioni mancate. Confrontando le loro storie e gli status delle loro relazioni, ritroveranno loro stessi in mezzo al caos, all'umorismo, all'angoscia e ai pentimenti, che solo una famiglia può generare.
Recensione: Ricorda in parte e con le dovute proporzioni "Il grande freddo" e altri simili. In America il funerale è un evento celebrato in modo più intenso, più evocativo rispetto alle nostre convenzioni. I parenti più stretti e gli amici più intimi, fanno un discorso in cui si parla del defunto, se ne raccontano gesta, episodi, aneddoti e quant'altro. Poi si fa un pranzo sontuoso che è quasi come quello nuziale. Naturalmente in tali occasioni si possono incontrare e rivedere persone che si sono perse di vista da tempo e qui scattano perversi ed arcani meccanismi. Ci possono essere chiarimenti o al contrario emergono rancori sopiti, possono riproporsi amori mai dimenticati o ci si può accorgere di non amare più, insomma è in qualche modo il momento della verità o la resa dei conti che dir si voglia. Questo film è tutto questo e altro. Questo film sembrerebbe quindi la classica trama vista e rivista che percorre binari ampiamente sfruttati fino allo sfinimento dal cinema. Dov'è la novità allora? Per come viene raccontata la storia, per l'umanità e allo stesso tempo la malinconia che riesce a trasmette, per il modo in cui vengono affrontati i legami tra i personaggi, tutti più o meno disillusi ma allo stesso tempo decisi come non mai a dare sterzate definitive alle loro vite, per la perfetta alternanza tra situazioni comiche ed ironiche ad altre più serie. Ma soprattutto gran parte del merito è del cast corale, perfettamente assortito dove tra tutti spicca la maschera ironica e amara di Jason Bateman. Accanto a lui brilla tutto il resto del cast, da Jane Fonda a Tina Fey, dalla bravura e istrionismo di Adam Driver, alla bellezza candida di Rose Byrne, da Corey Stoll a Timothy Olyphant, da Kathryn Hahn ad Abigail Spencer. Insomma un buon film, che seppur esagera in certe (anche troppe) occasioni, si fa sufficientemente apprezzare.
Trama: Quando il loro padre muore, quattro fratelli adulti di origini ebree (ognuno schiacciato dalla propria esistenza) sono costretti a tornare alla loro casa di infanzia e a vivere sotto lo stesso tetto per una settimana insieme alla madre e a un assortimento vario di coniugi, ex e occasioni mancate. Confrontando le loro storie e gli status delle loro relazioni, ritroveranno loro stessi in mezzo al caos, all'umorismo, all'angoscia e ai pentimenti, che solo una famiglia può generare.
Recensione: Ricorda in parte e con le dovute proporzioni "Il grande freddo" e altri simili. In America il funerale è un evento celebrato in modo più intenso, più evocativo rispetto alle nostre convenzioni. I parenti più stretti e gli amici più intimi, fanno un discorso in cui si parla del defunto, se ne raccontano gesta, episodi, aneddoti e quant'altro. Poi si fa un pranzo sontuoso che è quasi come quello nuziale. Naturalmente in tali occasioni si possono incontrare e rivedere persone che si sono perse di vista da tempo e qui scattano perversi ed arcani meccanismi. Ci possono essere chiarimenti o al contrario emergono rancori sopiti, possono riproporsi amori mai dimenticati o ci si può accorgere di non amare più, insomma è in qualche modo il momento della verità o la resa dei conti che dir si voglia. Questo film è tutto questo e altro. Questo film sembrerebbe quindi la classica trama vista e rivista che percorre binari ampiamente sfruttati fino allo sfinimento dal cinema. Dov'è la novità allora? Per come viene raccontata la storia, per l'umanità e allo stesso tempo la malinconia che riesce a trasmette, per il modo in cui vengono affrontati i legami tra i personaggi, tutti più o meno disillusi ma allo stesso tempo decisi come non mai a dare sterzate definitive alle loro vite, per la perfetta alternanza tra situazioni comiche ed ironiche ad altre più serie. Ma soprattutto gran parte del merito è del cast corale, perfettamente assortito dove tra tutti spicca la maschera ironica e amara di Jason Bateman. Accanto a lui brilla tutto il resto del cast, da Jane Fonda a Tina Fey, dalla bravura e istrionismo di Adam Driver, alla bellezza candida di Rose Byrne, da Corey Stoll a Timothy Olyphant, da Kathryn Hahn ad Abigail Spencer. Insomma un buon film, che seppur esagera in certe (anche troppe) occasioni, si fa sufficientemente apprezzare.