Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2021 Qui - Un
piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, Canzoni dal
secondo piano, You, the living: Roy Andersson aveva già
detto tutto e ammirevolmente, con una cifra stilistica sua, originale e
che rimane ben impressa. Sulla infinitezza finisce così per sembrare una
sorta di riassunto della precedente trilogia, di compendio del pensiero
del regista e sceneggiatore sul miserabile splendore dell'esistenza
umana, ma al di là di questo c'è ben poco da cogliere in questa
pellicola. C'è la grande arte del regista svedese, certo, la sua
capacità di creare scene e atmosfere con pochi e curatissimi dettagli, ma Sulla infinitezza non sembra il lavoro più ispirato
di Andersson, o quello che meglio esemplifichi le sue grandi
potenzialità come artista. Macro e micro si fondono nelle sue storie,
l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo (idea che dà il senso
del titolo italiano) si incontrano e sorrisi e lacrime trovano posto
contemporaneamente sul volto dei suoi protagonisti, da sottolineare come
di consueto il trucco che maniacalmente cerca di conferire un aspetto
cadaverico agli interpreti, aumentando il senso di smarrimento per lo
spettatore, e i movimenti di macchina sostanzialmente azzerati. Rare le
concessioni alla musica e un solo filo conduttore per l'intera opera:
una (alquanto inutile) voce off femminile che introduce le varie sequenze con testi a dir
poco laconici. Voto: 6
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