Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/12/2019 Qui
Tema e genere: Che cosa fareste se vostro figlio venisse rapito? Come reagireste? Andreste fuori controllo? Sono questi gli interrogativi che ci pone questo thriller di Christian Carion.
Trama: Julien è costantemente in viaggio per lavoro e la sua continua assenza da casa ha finito per rovinare il suo matrimonio. Durante una sosta in Francia, riceve un messaggio dalla turbata ex moglie: Mathys, il loro figlio di sette anni, è scomparso. Julien inizia allora a mettersi sulle tracce del piccolo, disposto a tutto pur di ritrovarlo.
Recensione: Girato in soli sei giorni di riprese e con un piccolo cast, Mio figlio racconta una caccia all'impazzata lungo i paesaggi innevati del Vercos. Un thriller dallo stile asciutto che ci mostra in modo incisivo e reale cosa può succedere nella testa di un uomo a cui scompare improvvisamente il figlio. Questa è infatti la storia di Julien (interpretato benissimo da Guillaume Canet, che è sempre bravo ma che qui è particolarmente ispirato, forse spronato dalla sfida della prova impulsiva richiesta dal regista), un ingegnere che a causa del suo lavoro è sempre in giro per il mondo. Le continue assenze dell'uomo hanno mandato in frantumi il matrimonio con Marie (la bella Mélanie Laurent) che però un giorno lo chiama per informarlo che il loro bambino di sette anni, Mathys, è scomparso. A questo punto il film diventa anche un po' Prisoners di Denis Villeneuve, e il regista con la sua cinepresa si preoccuperà di mettere alla prova la tenuta dei nervi del personaggio principale cercando di capire fino a che punto egli sia disposto a spingersi pur di ritrovare il suo bambino. Ma a differenza del film con Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal l'esplorazione psicologica e l'approfondimento emotivo del protagonista è lasciato spesso e volentieri in secondo piano, non c'è la città e il contesto borghese ma ci sono le Alpi e soprattutto c'è una generale pochezza narrativa che sfida le convenzioni del genere e si fa più esperimento che film d'investigazione. L'obiettivo del film non sembra tanto quello di raccontare una storia coinvolgente e appassionante, quanto quella di vedere cosa è capace di fare un attore di indubbie qualità artistiche senza un copione fra le mani: in questo modo (per certi versi geniale) lo spaesamento di Guillaume Canet, chiamato ad un'improvvisazione continua, rispecchia in pieno quella di Julien, la cui ricerca procede per tentativi, senza un piano ben preciso, spesso estemporanea. C'è una forza brutale nascosta insita in questo padre disperato che l'attore parigino è bravo a nascondere e a mostrare a intermittenza, lavorando di sottrazione, e Christian Carion è bravo a gestire tutto questo talento che lui stesso qui scoperchia, come un vaso di Pandora o un purosangue lasciato a briglia sciolta.
Il merito del regista è soprattutto quello di contenere i toni del racconto, senza trasformare mai il personaggio di Julien nel Bryan Mills di Liam Neeson di Io Vi Troverò e lasciandolo più dalle parti vibranti e profondamente oscure del Ryan Gosling nei due film di Nicolas Winding Refn. Peccato per quel finale così rassicurante e pacificatore, che smorza malamente una tensione ed un accumulo di emozioni piuttosto validamente condotte dal regista, da tempo attivo in Francia, ma di cui non conosco, fino a questo momento, l'opera precedente (e nessuna altra). Peccato che manchino inoltre alcune importanti informazioni, che avrebbero potuto arricchire il film, un film che però è sia un buon thriller che un buon film d'azione, e va bene così.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Tra classici elementi del thriller e dell'azione, Mio figlio tiene viva l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine, con scene di forte tensione, ben accompagnate dalla colonna sonora e anche per l'interpretazione di Guillame Canet. La particolarità tecnica di questo film è quella di esser stato girato senza sceneggiatura e in soli sei giorni, esperimento forse di Carion che Guillame Canet ha superato: i dialoghi sono sicuramente pochi e scarni, ma non sembrano improvvisati, anche la regia è fatta principalmente di inquadrature fisse, si svolge quasi tutte tra le Alpi della Francia (in tal senso belle ed efficaci le location), ma il fatto che siano state date poche indicazioni all'attore dandogli assoluta libertà ha forse dato al film un buon risultato.
Commento Finale: Girato in soli sei giorni e con pochissimi personaggi, Mio figlio è un buon esempio di come ricavare il meglio da un budget ridottissimo. Non tutto è perfetto, ma l'esperimento è riuscito.
Consigliato: Se avete voglia di un piccolo noir ben interpretato e diretto, Mio Figlio può fare al caso vostro.
Voto: 6+
Trama: Julien è costantemente in viaggio per lavoro e la sua continua assenza da casa ha finito per rovinare il suo matrimonio. Durante una sosta in Francia, riceve un messaggio dalla turbata ex moglie: Mathys, il loro figlio di sette anni, è scomparso. Julien inizia allora a mettersi sulle tracce del piccolo, disposto a tutto pur di ritrovarlo.
Recensione: Girato in soli sei giorni di riprese e con un piccolo cast, Mio figlio racconta una caccia all'impazzata lungo i paesaggi innevati del Vercos. Un thriller dallo stile asciutto che ci mostra in modo incisivo e reale cosa può succedere nella testa di un uomo a cui scompare improvvisamente il figlio. Questa è infatti la storia di Julien (interpretato benissimo da Guillaume Canet, che è sempre bravo ma che qui è particolarmente ispirato, forse spronato dalla sfida della prova impulsiva richiesta dal regista), un ingegnere che a causa del suo lavoro è sempre in giro per il mondo. Le continue assenze dell'uomo hanno mandato in frantumi il matrimonio con Marie (la bella Mélanie Laurent) che però un giorno lo chiama per informarlo che il loro bambino di sette anni, Mathys, è scomparso. A questo punto il film diventa anche un po' Prisoners di Denis Villeneuve, e il regista con la sua cinepresa si preoccuperà di mettere alla prova la tenuta dei nervi del personaggio principale cercando di capire fino a che punto egli sia disposto a spingersi pur di ritrovare il suo bambino. Ma a differenza del film con Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal l'esplorazione psicologica e l'approfondimento emotivo del protagonista è lasciato spesso e volentieri in secondo piano, non c'è la città e il contesto borghese ma ci sono le Alpi e soprattutto c'è una generale pochezza narrativa che sfida le convenzioni del genere e si fa più esperimento che film d'investigazione. L'obiettivo del film non sembra tanto quello di raccontare una storia coinvolgente e appassionante, quanto quella di vedere cosa è capace di fare un attore di indubbie qualità artistiche senza un copione fra le mani: in questo modo (per certi versi geniale) lo spaesamento di Guillaume Canet, chiamato ad un'improvvisazione continua, rispecchia in pieno quella di Julien, la cui ricerca procede per tentativi, senza un piano ben preciso, spesso estemporanea. C'è una forza brutale nascosta insita in questo padre disperato che l'attore parigino è bravo a nascondere e a mostrare a intermittenza, lavorando di sottrazione, e Christian Carion è bravo a gestire tutto questo talento che lui stesso qui scoperchia, come un vaso di Pandora o un purosangue lasciato a briglia sciolta.
Il merito del regista è soprattutto quello di contenere i toni del racconto, senza trasformare mai il personaggio di Julien nel Bryan Mills di Liam Neeson di Io Vi Troverò e lasciandolo più dalle parti vibranti e profondamente oscure del Ryan Gosling nei due film di Nicolas Winding Refn. Peccato per quel finale così rassicurante e pacificatore, che smorza malamente una tensione ed un accumulo di emozioni piuttosto validamente condotte dal regista, da tempo attivo in Francia, ma di cui non conosco, fino a questo momento, l'opera precedente (e nessuna altra). Peccato che manchino inoltre alcune importanti informazioni, che avrebbero potuto arricchire il film, un film che però è sia un buon thriller che un buon film d'azione, e va bene così.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Tra classici elementi del thriller e dell'azione, Mio figlio tiene viva l'attenzione dello spettatore dall'inizio alla fine, con scene di forte tensione, ben accompagnate dalla colonna sonora e anche per l'interpretazione di Guillame Canet. La particolarità tecnica di questo film è quella di esser stato girato senza sceneggiatura e in soli sei giorni, esperimento forse di Carion che Guillame Canet ha superato: i dialoghi sono sicuramente pochi e scarni, ma non sembrano improvvisati, anche la regia è fatta principalmente di inquadrature fisse, si svolge quasi tutte tra le Alpi della Francia (in tal senso belle ed efficaci le location), ma il fatto che siano state date poche indicazioni all'attore dandogli assoluta libertà ha forse dato al film un buon risultato.
Commento Finale: Girato in soli sei giorni e con pochissimi personaggi, Mio figlio è un buon esempio di come ricavare il meglio da un budget ridottissimo. Non tutto è perfetto, ma l'esperimento è riuscito.
Consigliato: Se avete voglia di un piccolo noir ben interpretato e diretto, Mio Figlio può fare al caso vostro.
Voto: 6+
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