Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/11/2020 Qui - Il film più autobiografico di Pedro Almodovar ed uno tra i suoi più colorati e pop, qualità messe lì quasi a contrastare i tristi acciacchi fisici e mentali del protagonista, un regista di mezza età ormai a corto d'ispirazione. E' la fotografia di un artista in crisi che porta però ad una lenta risalita, raccontata con partecipe amabilità grazie ad un mix di flashback della propria infanzia e della madre in particolare (non tutti riusciti), moderne scoperte (l'eroina da fumare che allevia le sofferenze) e toccanti incontri ancora dal passato (la sorprendente visita del primo amore). Il regista spagnolo sembra aver placato gli eccessi del suo solito cinema, e pur confezionando per un intenso Antonio Banderas uno dei suoi personaggi più maturi della sua filmografia, la pellicola non riesce a solleticare le corde del cuore, persa in un limbo di nostalgia e commiserazione, il finale però è molto poetico. Per Almodovar in ogni caso un piccolo passo in avanti dopo Julieta, seppur anche qui ci si poteva aspettare di più sul piano emozionale. C'è anche qualche bella scena ma nulla che resti davvero nella memoria, siamo però e comunque in presenza di un buon film. Voto: 6
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domenica 8 novembre 2020
mercoledì 29 maggio 2019
La vendetta di un uomo tranquillo (2017)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/06/2018 Qui - Noto soprattutto per il ruolo del detective Pedro nel bel thriller noir La isla mínima di Alberto Rodríguez, Raúl Arévalo esordisce alla regia con La vendetta di un uomo tranquillo (in originale Tarde para la ira), vincendo quattro premi Goya nel 2017, tra cui miglior film, miglior regista esordiente e miglior sceneggiatura originale. Ed è proprio da quell'incredibile film, in cui si fece discretamente notare, vincitore di altrettanti e più premi Goya che il regista assorbe una certa maestria nella composizione delle atmosfere, nella capacità di inserire gli attori in un quadro/contesto in cui sembrano annaspare, e da cui ne segue le coordinate del genere thriller. Anche se il film non è certo un dramma sentimentale né un heist movie né un thriller poliziesco, bensì ennesima versione sul tema della vendetta, indirizzata sui binari convenzionali del genere quindi non esattamente originale, ma non priva di una propria personalità, piacevole in quanto strutturata narrativamente in maniera interessante e votata, più che alle esplosioni di violenza (che comunque non mancano), ad un'attenta definizione dei personaggi e all'analisi di quel bisogno catartico che diventa urgenza spietata. Il film infatti, è un noir (con improvvisi scatti nervosi, atti a concretizzare la rabbia primordiale covata per anni da uno dei personaggi) in continua tensione, senza pause narrative o segni di cedimento strutturale. Solido come una costruzione in calcestruzzo e tagliente come una lama. La storia certo, anche se all'inizio sembra altro, è per l'appunto la più classica delle vendette (non aiuta in tal senso la traduzione del titolo in italiano, che tende al didascalico, perdendo le sfumature di fatalismo disilluso dell'originale "Tardi per la rabbia"), che racconta la storia di un uomo, di un prima e di un dopo e un determinato avvenimento, ma questo gioco a carte coperte, una specie di partita condotta sul bluff, sull'abilità nel nascondersi e nell'ingannare l'avversario del regista, è davvero sorprendente, spiazzante e coinvolgente.
venerdì 5 aprile 2019
Box 314: La rapina di Valencia (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/11/2017 Qui - Box 314: La rapina di Valencia (Thriller, Spagna, Argentina, Francia, 2016): Una rapina in banca, un gruppo di rapinatori con maschere e la polizia che arriva con loro che si barricano dentro. E' l'incipit di questo film e di moltissimi altri, quello che lo rende diverso (ma più in negativo che positivo, poiché i motivi dell'intricato guaio politico che muove tutto non collimano) è la cassetta di sicurezza numero 314. Cosa c'è dentro questa cassetta? Qualcuno dei rapinatori lo sa, qualcun altro lo viene a sapere dalla direttrice che viene a sapere di essere su una "fantomatica" lista e vuole vendicarsi aiutando un rapinatore. Questa cassetta cambia tutto il film, rendendolo diverso dagli altri già visti, e quindi più interessante. Ma dopo un discreto inizio si perde in passaggi forzati, noiose sotto-trame politiche, tonfi di tensione e parolacce. Poiché questo heist movie (in spagnolo Cien años de perdón) che vorrebbe forse essere un piccolo "Inside man", non solo non è minimamente paragonabile, ma è un prodotto dal fiato cortissimo, che fa tanto rumore e non dice nulla. Non perché la storia è di quelle straviste, ma perché non tutto viene sufficientemente gestito. Non solo i colpi di scena telefonati, ma anche montaggio e la regia che, fin troppo lineari, creano qualche rallentamento di troppo. Con anche dialoghi da fotoromanzo, recitazione canina (perfino Louis Tosar di Bed Time, interprete eccellente sembra uno normale), una sceneggiatura (che latita in quanto a pathos e tensione) fiacca che smonta il ritmo della pellicola (ed è grave dato che parliamo di un action). Comunque non è male e non annoia, ma avrei preferito un po' più d'azione e meno chiacchiere, giacché anche se non ha la solidità di un Inside man, garantisce seppur mediocremente un buon intrattenimento. Voto: 5,5
domenica 3 marzo 2019
La Isla Minima (2014)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/03/2017 Qui - Le sorprese al cinema e in tv sono sempre ben accette e quando sono positive come in questo caso lo sono di più. Perché La Isla minima, film spagnolo del 2014 diretto da Alberto Rodríguez, è veramente un bel film, fatto bene e recitato altrettanto. Un gradevolissimo thriller di grande equilibrio complessivo girato in luoghi suggestivi e "complici" di una trama assolutamente coinvolgente. Due investigatori cercano chi ha ucciso delle giovani ragazze, una storia già vista ma che in questo film assume un carattere particolare, per l'ambientazione nel sud della Spagna e per un'atmosfera densa, vischiosa che rende tutto molto complesso. Siamo difatti abituati a vedere poliziotti in azione, ne conosciamo le dinamiche e il modus operandi quando sono a caccia di un assassino. Il regista invece gioca la carta del contesto sociale per raccontare un caso di cronaca nera, inserendo elementi politici anche nella vita dei due investigatori, uno democratico e l'altro compromesso con il franchismo. Ma ciò che colpisce veramente è il paesaggio, la palude presentata in riprese zenitali per mostrare le sue trame, le anse contorte, gli uccelli che si alzano in volo in tramonti surreali. Il film infatti è impreziosito da una ambientazione davvero molto suggestiva ed è proprio su quella che il regista gioca le sue carte migliori (ed anche più originali). I paesaggi acquatici e bucolici magnificamente fotografati (che dimostrano un notevole gusto estetico del regista) che fanno da cornice al racconto, rappresentano infatti il vero elemento catalizzate e vincente (insieme al contesto storico, qui fondamentale anche se poco utilizzato, dato che il regista non si sporca le mani ma tocca in maniera delicata gli avvenimenti politici senza metterci il carico, a mio avviso poteva osare di più, colpevole di farlo solo nel finale) che (più ancora del plot narrativo fine a se stesso abbastanza convenzionale per il genere) rende ambiguo e coinvolgente il risultato proprio perché capace di amplificare alla massima potenza l'atmosfera di tensione latente che il film trasmette allo spettatore e a far diventare più palese e disturbante il clima morboso, malsano e angosciante che si respira intorno a questa storia ambientata nel settembre del 1980, e quindi già in era post-franchista, ma quando la lunga, perniciosa dittatura era ancora ben fresca nella memoria dell'intero popolo spagnolo e ne condizionava ancora il pensiero, anche con inaspettate punte di nostalgia che il regista ben stigmatizza, come se i fantasmi del passato continuassero ancora a riecheggiare lugubremente con la loro pesante carica di sopraffazione.
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