Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/05/2021 Qui - Buon film giallo sull'onda di Dario Argento, il titolo Solamente nero è in chiara opposizione a Profondo rosso, da cui oltretutto parrebbe ispirarsi, anche se i modelli sono più di uno. Ci sono alcuni momenti ben girati con una discreta suspense, in questo si vede la buona mano del regista Antonio Bido, una mano solida e curata, con un certo gusto estetico. L'intreccio, a dire il vero, non è solidissimo e chiarissimo, bisogna fare qualche sforzo per far quadrare tutti i conti. Il twist finale non è male architettato, in precedenza però la pellicola offre parecchi momenti di stanca e digressioni che dilatano fin troppo avvenimenti tutt'altro che fondamentali per la comprensione del contesto. Venezia è sfruttata bene, ma secondo me è un po' troppo luminosa per un thriller nero. Abbastanza ben caratterizzati ho trovato i personaggi di contorno, tutti tipi loschi e poco di buono, che hanno scheletri nell'armadio. Si avvale di un gruppetto di buoni interpreti (tra i quali spicca Craig Hill, pregnante nel ruolo del prete) e di un'ottima fotografia che sa immergere lo spettatore nelle atmosfere del film. Poco sfruttata la risorsa della piccola comunità rurale che sembra celare segreti indicibili, nello specifico è facile pensare a La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati e non solo per la presenza di Lino Capolicchio (a proposito di ciò il suo arrivo in città sembra preso pari pari da quel film, ma siamo in treno e non su un battello e lei è la Stefania Casini e non la Francesca Marciano, e tuttavia gnocche entrambi). Purtroppo quell'ostile sentore resta troppo sullo sfondo, come è blando l'attacco ai poteri forti, messi alla berlina senza adeguato approfondimento (la colonna sonora poi non è fra le migliori sentite in questo tipo di film). Altra pecca è la piatta confezione degli omicidi, perpetrata dal solito assassino di nero vestito. Per essere un film di quegli anni, c'è poco sangue. La scena della vecchia bruciata viva, però, è raccapricciante. In complesso il film non è male (non troppo bello e non troppo brutto), gli manca solo quel qualcosa di indefinibile che ne avrebbe fatto una più che discreta pellicola. Così com'è è solo un buon film, un film non del tutto originale, ma copiato certamente con stile. Voto: 6,5
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venerdì 21 maggio 2021
Solamente nero (1978)
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venerdì 31 luglio 2020
Suspiria (1977)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/07/2020 Qui - Assieme a "Profondo Rosso" il film che segna il top della produzione di Dario Argento, un film eccellente sospeso tra horror gotico, favola ed efferatezze tipiche del cinema di paura degli anni 70/80. E' anche il capitolo che dà il via alla cosiddetta Trilogia delle Tre Madri (poi continuata con il fiacco "Inferno" nel 1980 e con l'inguardabile "La Terza Madre" nel 2007). Già straordinario per la location scelta, ovvero una scuola di danza posizionata all'interno della suggestiva Foresta Nera, trova nelle invenzioni scenografiche ed estetiche volute dal regista romano dei punti di forza straordinari. Le aspirazioni della giovane Susy (decisa a perfezionare i suoi studi di balletto, benissimo interpretata da Jessica Harper) si scontrano con un mondo inquietante dominato da antichi rituali, reso ancor più sinistro da scelte cromatiche stupefacenti, con un abbondanza di giochi di luce (soprattutto tendenti al rosso e al blu) in grado di alzare sensibilmente l'asticella della tensione. Da aggiungere alla perfezione estetica (determinata anche dalle pregevoli scenografie) la terrificante colonna sonora (ad opera dei Goblin), ingrediente indispensabile per la materializzazione di atmosfere opprimenti. La gestione dei tempi narrativi è notevole, Argento riesce a spaventare grazie ad un meccanismo elaborato nei minimi particolari. E' anche vero che dal punto di vista narrativo si potrebbe muovere qualche accusa, ma francamente lo script non incappa in gravi battute a vuoto. L'unico problema potrebbe risiedere nella linearità eccessiva, con relativo mistero non poi così impossibile da decriptare. Tutto sommato la sceneggiatura, non perfetta come spesso riscontrabile nei lavori del regista romano, si lascia comunque apprezzare, anche se poi a dominare c'è l'estetica, a solleticare le percezioni sensoriali dello spettatore calato in un incubo dal sapore atavico in cui la fiaba si trasforma nel più efferato degli incubi. Le morti spettacolari non mancano, Argento dà fondo alla sua tecnica ideando inquadrature di gran fattura, quindi ricorrendo alla fantasia macabra per creare omicidi piuttosto cruenti. Un cult a ragione, tra i migliori horror italiani di tutti i tempi. Voto: 8
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