Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/05/2024 Qui - Un classico indiscusso della fantascienza, che nonostante evidenzi i limiti di un'opera di oltre sessant'anni, merita riconoscimento per le sue intuizioni notevoli (come Robbie il robot) e per un finale ben congegnato e per nulla scontato (fa strano vedere un Leslie Nielsen così giovane e serio). Fonte d'ispirazione per numerose opere successive, questo film del 1956 dimostra che non sono necessari ingenti mezzi tecnici ed economici né tecnologie avanzate quando si dispone di immaginazione e creatività. L'idea, straordinaria nella sua semplicità, trasforma la pellicola in un thriller fantascientifico di alta tensione e di notevole qualità, tutt'altro che superficiale, ma piuttosto intelligente e significativo (con il geniale concetto dei mostri dell'Id). È vero, si possono notare alcune ingenuità nei dialoghi o nelle presunte innovazioni tecniche del 24° secolo, che appaiono arretrate rispetto alle nostre, ma non dobbiamo dimenticare che si tratta di un film degli anni '50. Il vero punto di forza del film è sicuramente la realizzazione tecnica: effetti speciali sorprendenti per l'epoca (curati dalla Disney), scenografie suggestive e inquietanti, e soprattutto gli effetti sonori. Musiche elettroniche futuristiche, ipnotiche e agghiaccianti, che creano un'atmosfera unica e conferiscono un autentico senso di disagio nelle scene che accompagnano. In conclusione, il film è estremamente interessante, rappresentando forse un punto di svolta nel cinema di fantascienza per il suo lato tecnico avanzato e i temi trattati. Con ulteriori miglioramenti, avrebbe potuto essere un vero capolavoro, ma resta comunque un'opera degna di visione, anche a distanza di 68 anni, perché mentre alcuni film invecchiano male, questo, a mio parere, no. Voto: 7
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