mercoledì 17 aprile 2019

It: Capitolo Uno (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/04/2018 Qui - Sono una di quelle persone rimaste traumatizzate per anni solo per aver visto alcuni pezzi del film TV del '90 per poi scoprire, rivedendolo, che era davvero poca cosa dal punto di vista della paura. Da questa specie di remake mi aspettavo perciò un film terrorizzante, e così è (in parte) stato. Lo si capisce bene fin dalla prima terrificante sequenza (addirittura forse fin troppo esagerata di questo cambio d'abito), dove lo spettatore comprende immediatamente che bisogna dimenticarsi della pungente ironia nera del capitolo originale e addentrarsi in qualcosa di più profondo e inquietante, qualcosa di senza dubbio riuscito. Certo, forse resterà (e qualcuno sarà rimasto) deluso chi si aspettava un horror nel vero senso della parola, perché questo film è soprattutto un'avventura, l'avventura di un gruppo di ragazzini che amano stare insieme, che insieme affrontano le loro paure più grandi e, sempre insieme, crescono. Una storia di formazione puntellata da palloncini rossi e da qualche spavento. Non a caso il romanzo It, uno dei libri più spaventosi di Stephen King (e molto più che una storia horror), che tuttavia non ho mai letto (e in questo caso difficile è capire se la storia che viene qui raccontata è coerente e fedele o no ai libri) è un racconto di crescita e formazione in cui l'horror serve "solo" a raccontare paure e disillusioni di un importante periodo della vita, quello a metà tra l'infanzia e l'età adulta. Ed It (vero nome Pennywise), mostro terribile dalle fattezze innocenti che si ciba di terrore, rappresenta simbolicamente il trauma di questo delicato passaggio. In tal senso l'obiettivo principale del film It, conosciuto anche come It: Capitolo Uno (It: Chapter One), film del 2017 diretto da Andrés Muschietti, per regista e sceneggiatori, era soprattutto restituire questo tema. E per fare ciò hanno pensato bene e giustamente di dedicare questo primo capitolo esclusivamente alle vicende vissute dai protagonisti da bambini, per poter meglio raccontare le loro storie personali e l'amicizia che li lega.
Ogni membro del "club dei Perdenti" ha infatti uno specifico background (che viene degnamente sviluppato, perché se il rischio era quello di non avere il tempo di sviluppare sufficientemente bene le loro personalità, qui non c'è, anche se un paio naturalmente spiccano sugli altri) ed è segnato da una ferita (e tutti i "perdenti" perciò hanno le loro buone ragioni per affrontare l'orrore): sono emarginati per diversi motivi, vittime di genitori abusivi o assenti o ultra-protettivi, bersagli dei bulli della scuola. Tra loro spicca il balbuziente Bill che, traumatizzato (e con l'idea di poterlo ritrovare) dalla scomparsa del fratellino Georgie, è il primo a spingere affinché si indaghi su Pennywise. Tutti e sette i ragazzini, infatti, ovvero l'incantevole Beverly, unica ragazza del gruppo, alle prese col diventare donna tra le attenzioni indiscrete di ogni maschio intorno a lei, l'esilarante Richie, interpretato da Finn Wolfhard di Stanger Things (praticamente un giovane attore prigioniero degli anni Ottanta, dato che uno dei cambiamenti più importanti è il cambio d'epoca del romanzo originale, dal 1957 al 1989, forse furbescamente per includere quegli elementi che creano la nostalgia nella labile mente del pubblico millenial e per poi poter ambientare il sequel ai giorni nostri), il nuovo arrivato Ben, con una sensibilità che va oltre i suoi chili di troppo, l'ipocondriaco Eddie, soffocato da una madre iperprotettiva, il coraggioso Mike, ragazzino di colore alle prese col razzismo dei bulletti ed infine il riservato Stan, sempre in bilico tra codardia e coraggio, sono perseguitati da visioni terrificanti che riconducono al malvagio clown. Un clown che in tutto ciò si erge ad antagonista perfetto, anche se imperfetto nel suo "non essere" Tim Curry (concedetemi questo momento di nostalgica evidenza). Tuttavia lasciando perdere i paragoni su quale sia il pagliaccio più inquietante (ci torneremo dopo) e su ogni aspetto con il film uscito nel 1990 e valutiamo il film per quello che è. Certo, il paragone viene logico e più che normale, anche perché nella miniserie del '90, si giocava sugli effetti speciali (scarsi e poco ad impatto), mentre in questo nuovo It si sceglie il terreno del jumpscare.
Tecnica che ha fatto la fortuna di molti horror degli ultimi anni (It Follows ad esempio, film "personalmente" rivelazione dello scorso anno), ed anche la sfortuna di tanti altri, ma poiché il regista (dopo il passabile ma convincente La madre) in questo caso riesce nella non facile prova di dare qualcosa di suo al prodotto, senza eseguire una mera e semplice scopiazzatura, ma allo stesso tempo senza stravolgere la natura e le atmosfere tanto caratteristiche del film originale, tutto è concesso. Tutto davvero, giacché chissà quanto lo abbiamo aspettato questo film. Io, noi, tanto, noi che nel 1990 eravamo bambini, noi che non abbiamo dormito per colpa di Pennywise, noi che siamo stati costretti per tutta la vita a mantenere le distanze dai clown e dai palloncini rossi. Dopotutto It, che si sveglia ogni 27 anni per nutrirsi delle paure (e della carne) dei bambini, non a caso difatti è a 27 anni dalla famosa miniserie tv che il pagliaccio più inquietante di sempre torna sullo schermo, stavolta quello del cinema (e con una produzione e promozione massiccia che ha portato "ricchi" frutti), ha segnato l'immaginario collettivo. Ha completamente ribaltato la nostra concezione dell'orrore. I vampiri, le mummie, i mostri della laguna nera, i ragni giganti, nulla possono con quel palloncino rosso sospeso a mezz'aria che precede l'arrivo dell'entità demoniaca. It "esso" appunto. Incarnazione della paura, delle nostre più recondite insidie umane, delle nostre debolezze. E in questo è abile e furbo al punto giusto, il regista, nel saper bilanciare le scene spaventose ed i momenti in cui il pubblico può tirare il fiato ed identificarsi coi ragazzini, egli infatti ci riesce e altresì senza mai perdere il senso della misura e scadere nell'assurdo, nonostante il soggetto (il "semplice" e prevedibile soggetto). C'è difatti un buon equilibrio tra horror, avventura e sentimenti come è giusto che sia in un horror "adolescenziale". D'altronde il film non è mai completamente horror e, nonostante la costruzione delle scene di paura sia efficace, niente nel film spaventa davvero, tutt'al più inquieta o fa saltare sulla sedia. Ma non è un difetto, è una precisa scelta narrativa ed una delle poche cose che lo accomuna alla miniserie del '90.
Quando il film decide di virare sull'orrore non fallisce (anche perché decisamente efficaci sono gli effetti speciali), semplicemente la maggior parte delle scene del film sono più fantastiche che di orrore. Questo nonostante riesca in ogni caso a trasmetterti comunque tensione e tenerti incollato fino alla fine, grazie anche all'ottima interpretazione degli attori e le inquadrature che si concentrano sulle atmosfere cupe e lugubre, e dove la paura scorre sul filo del rasoio. Era però chiaro che sarebbe stato così, dopotutto è una storia che non deve per forza far paura in modo classico, tuttavia appunto riesce comunque a prenderti da dentro in modo subdolo e viscerale, riesumando vecchie paure e insicurezze che ad ognuno di noi sembrano ormai sepolte per sempre nell'inconscio, riportandole a galla per farcele affrontare (di nuovo o anche per la prima volta) attraverso il punto di vista dei protagonisti. Proprio perché è una vicenda ricca di tensione dove la suspense la fa da padrona, ma appunto per questo tiene incollati allo schermo per tutti i 125 minuti della pellicola. Una pellicola che se si accettano alcune variazioni, può risultare assolutamente godibile, tanto che ci si può momentaneamente rilassare, tra uno spavento e l'altro, e godersi i punti di forza di questo nuovo "IT", che indubbiamente sono il cast e, di conseguenza, la caratterizzazione ed interazione dei personaggi e l'efficace trama. I ragazzi scelti per interpretare i loro ruoli infatti, sono talmente ben assortiti e bravi a recitare che i momenti più leggeri, in cui si prendono in giro o si incoraggiano a vicenda, sono proprio quelli meglio riusciti e dipingono al meglio la bellezza dell'amicizia preadolescenziale che Stephen King ha probabilmente sempre decantato nel romanzo. Tra questi già detto di Finn Wolfhard, ma oltre ci sono anche Jaeden Lieberher, il bravissimo piccolo protagonista dei discreti Midnight SpecialSt. VincentJack Dylan Grazer di Tales of HalloweenWyatt Oleff, il giovane Quill nel film Marvel del 2014, Guardiani della Galassia, ma soprattutto c'è lei, Sophia Lillis, astro in ascesa e per tanti motivi.
La sua Beverly Marsh (l'unica ragazza del gruppo) è un personaggio forte, coraggioso, ben riuscito e ben calibrato, che con una buona dose di carattere riesce a ritagliarsi uno spazio tutt'altro che marginale all'interno del gruppo e di tutta la storia. Non fosse altro che è proprio lei a "riunire" il gruppo. Gruppo che per ragioni diverse si ritrovano ad essere degli emarginati, sia a scuola che nella società di cui fanno parte. Presi di mira dai bulli (Henry Bowers su tutti) e successivamente da Pennywise, riescono nonostante ciò a farsi forza l'un l'altro puntando tutto sulla loro straordinaria amicizia, legame questo indissolubile che li aiuterà a superare i loro problemi. Ma questi ostacoli sono rappresentati in buona parte dall'età che stanno attraversando, quell'adolescenza che tanto li porta ad essere in conflitto con loro stessi (dalle questioni sessuali alle relazioni sociali) nel passaggio verso l'età adulta. E proprio gli adulti vengono dipinti come dei veri e propri mostri all'interno del contesto di Derry, con il loro mondo fatto sì di responsabilità, ma anche di scelte sbagliate e problemi irrisolti, separato da quello dei ragazzi tramite un muro invisibile che però viene fatto percepire molto bene. Anche perché a differenza della miniserie, il tema dell'omertà e dell'indifferenza degli adulti nei riguardi degli eventi di Derry viene affrontato in maniera plateale, si nota infatti che le persone sanno cosa sta accadendo, ma nessuno fa nulla, praticamente uno specchio sociale di ciò che succede anche nei nostri giorni e che mai smette di essere così attuale. A tal proposito il padre di Beverly per esempio è agghiacciante, ma anche la scena col padre di Henry Bowers non è male. In ogni caso è proprio quello degli adolescenti (i protagonisti nella storia hanno più o meno 15 anni) il punto di vista principale, il target a cui apparentemente sembra rivolto il film, che analizzato più a fondo può far emergere traumi e paure riguardanti ciascuno di noi, sepolte nel nostro passato e tornate a tormentarci, come spesso accade.
E' per questo motivo che ritengo il lavoro svolto dal regista argentino Andrés Muschietti straordinario, forte di un'opera monumentale che è riuscito a creare e ricreare, e altresì adattare le tematiche e le atmosfere "originali", avendo anche l'audacia di intervenire sul piano temporale, separando nettamente gli intrecci tra passato e futuro in due parti distinte, presentandosi così al pubblico in chiave nuova e al tempo stesso molto efficace. Ma se efficace è questa scelta, anche perché l'intrigante trama/sceneggiatura è artefice della riuscita di molte sequenze, a partire dalla celeberrima scena d'apertura (senza dimenticare quella del bagno di sangue, dei "mostri" spaventosi, di ballate e canzoni da pagliaccio e tanto altro), altresì ben curate le scenografie che uniscono incantevoli scenari naturali a grigi e oscuri ambienti che ben trasmettono il clima malsano dell'immaginaria Derry, e infine opportunamente dosati i momenti di violenza con quelli più teneri, intrisi di un delicato romanticismo, non tanto quella di Bill Skarsgård che, seppur altamente incisivo e calzante è il suo It, esso spaventa ma non inquieta. Tuttavia egli riesce in ogni caso a incarnare magistralmente la malvagità del clown Pennywise, dando forma ugualmente a quell'incubo che tanto era rimasto impresso con Tim Curry che, resta finora e comunque il migliore, d'altronde se ha inculcato la paura in tutti noi, incanalando la paura per i clown, ci sarà pure un motivo. Anche se certamente il compito a lui affidato, quello di far saltare il pubblico sulla poltrona, è totalmente riuscito. Bill Skarsgård infatti, fratello di Alexander e Gustaf e figlio d'arte (Stellan Skarsgård), seppur aiutato da un make up e da effetti speciali davvero sbalorditivi, riesce a riscrivere questo personaggio e a farlo suo nelle movenze e nelle espressioni, donandogli un'aura molto più inquietante, tenebrosa e puramente cattiva (in qualche modo anche seduttivo verso le sue vittime, prima di scatenare in loro le più profonde paure le attira a sé con un sorriso gioviale), laddove Curry gli aveva conferito anche una sottilissima ironia.
Comunque per dovere di trama, la creatura compare al suo pieno potenziale soltanto in pochi momenti, ma ogni assalto è ben confezionato e non scade mai nel ridicolo involontario nonostante un look pesante che fortunatamente si rivela meno gotico di quanto le prime immagini viste molti mesi fa online lasciassero pensare. Quindi il film funziona discretamente bene, seppur con qualche semplificazione di troppo, dopotutto anche il sonoro gioca un ruolo fondamentale all'interno di tutto il film, esaltando fino ai livelli massimi le atmosfere horror e l'inquietudine causata dal clown, insieme al quale il regista dà appuntamento a tutti fra due anni per il "Capitolo Due", dove i ragazzi ormai adulti si ritroveranno di nuovo insieme ad affrontare la terribile minaccia, 27 anni dopo la solenne promessa che si sono fatti dopo averlo sconfitto la prima volta. In ogni caso e in definitiva il capitolo primo di "IT" versione contemporanea è un'operazione furba ma benissimo riuscita, certo, con un pesante debito stilistico nei confronti del televisivo "Stranger Things", che a sua volta è un astutissimo contenitore di suggestioni tratte da tutto ciò che richiama gli anni Ottanta, tanto che fa venire da chiedersi se non avrebbe funzionato meglio sotto forma di serie tv, che in fondo è paradossalmente la nuova frontiera del racconto cinematografico, ma è comunque un bellissimo film e un ottimo remake, cosa difficile da realizzare e trovare in altri film al giorno d'oggi. It: Capitolo Uno infatti, anche se non è stato capace di restituirmi le stesse emozioni e brividi dell'originale del 1990, e in tal senso staremo a vedere se il secondo capitolo di It, ambientato nel nostro presente e non negli anni '80 come voleva il romanzo, saprà continuare a gestire questo tipo di paura primordiale, esso è riuscito, e con pieno consenso, a essere definito un più che discreto prodotto. Un prodotto di cui l'unica vera nota negativa è che bisognerà "galleggiare" fino a fine 2019 per vedere la seconda parte. Tuttavia questa buonissima prima parte, di cui una visione soprattutto agli appassionati del genere è consigliatissima, basta e avanza anche per entrare nella classifica dei migliori horror degli ultimi anni. Voto: 7,5