lunedì 23 settembre 2019

First Man - Il primo uomo (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/09/2019 Qui
Tema e genere: First Man (adattamento cinematografico della biografia ufficiale First Man: The Life of Neil A. Armstrong scritta da James R. Hansen) è il racconto del percorso che ha portato Neil Armstrong a essere il primo uomo a mettere piede sulla Luna, il 20 luglio 1969.
Trama: Uno sguardo sulla vita privata e la dura carriera professionale di Neil Armstrong (Ryan Gosling), che, con profonda dedizione e non trascurabile ostinazione, è stato il primo uomo a mettere piede sulla Luna nella missione spaziale Apollo 11.
Recensione: Dopo averci guidato con Whiplash nei meandri più competitivi e spietati della musica e dopo averci accompagnato, sempre a tempo di jazz, nella Los Angeles di La La Land, fra sogni, illusioni e amori spezzati, Damien Chazelle cambia totalmente genere e registro, raccontandoci un viaggio fisico e mentale verso il superamento dei propri orizzonti e dei propri limiti. Un cammino fatto di passione per la scoperta e l'esplorazione, ma al tempo stesso intriso di solitudine, incomunicabilità e morte, tessere di un puzzle umano ed emotivo lontano dall'immacolato eroismo adottato di frequente dal cinema americano. First Man - Il primo uomo infatti, racconta sì il decennio che ha segnato una svolta nella storia dell'umanità e ottenuto la più simbolica delle conquiste concentrandosi sulla figura di Neil Armstrong, l'uomo che appunto mise per primo il piede sul suolo lunare il 20 luglio 1969 (precedendo di pochi istanti il compagno Buzz Aldrin), ma a differenza di altri film, qui il tono è per nulla retorico, anzi sobrio e quasi dimesso, e si dà parecchio spazio all'uomo e alle sue sofferenze interiori. E insomma non ci troviamo di fronte ad un altro Gravity, ma a un biopic epico e intimo al tempo stesso. Un biopic, seppur non proprio originale, molto interessante. Un biopic che riesce a raccontare una storia conosciuta da tutti (chi può dubitare come vada a finire?) ma con uno sguardo comunque originale e soprattutto toccante, quasi spiazzante nel suo "sottotono" (ne fanno le spese gesti e frasi celebri, banalizzate dal vederle e sentirle di continuo in questi cinquant'anni). Una scelta in sintonia con il personaggio che racconta: scopriamo così che Armstrong, interpretato da un misuratissimo, soddisfacente Ryan Gosling (per la seconda volta con Chazelle dopo il fortunatissimo e già citato musical), era tanto affidabile e preparato nel suo mestiere (tanto da meritarsi posti di responsabili nelle missioni Gemini e Apollo) quanto in grandi difficoltà nell'esprimersi con gli altri, persone amate comprese. In un film che alterna spettacolarità, precisione nei dettagli, claustrofobia soffocante (delle navicelle e delle gabbie personali) e ampi (ed emozionanti) spazi sconfinati, ma anche momenti privati e pause di riflessione, emerge un ritratto di grande sensibilità (ricco di silenzi, piccoli gesti, rari sfoghi), in cui rifulge il rapporto con la moglie (molto brava anche Claire Foy, ormai non più solo la regina Elisabetta della serie The Crown), che condivide con lui il dolore di un lutto impensabile ma lo sostiene anche nei suoi blackout emotivi. Con una significativa eccezione, in cui occorre più fermezza che dolcezza. Come ha una parte importante (in un film molto bello, che ha solo qualche lungaggine di troppo qua e là) l'acume dell'ingegnere e dell'astronauta e lo strazio dell'uomo per i compagni persi negli anni di avvicinamento alla Luna, o i tanti piccoli dettagli che hanno a che fare con la vita. Tutti aspetti che compongono il ritratto di una persona più a suo agio con i gesti che con le parole. Chiamato a una straordinaria avventura entrata nella Storia (e che a un certo punto poteva anche saltare: siamo ormai nel '68, c'è la guerra in Vietnam, negli Usa le contestazioni anche per "l'inutile" corsa allo spazio erano fortissime) che lo avrebbe fatto diventare eroe suo malgrado. Attraverso lui, Chazelle celebra la grandezza dell'uomo quando concepisce imprese oltre le proprie possibilità, che sopravvivono anche al disinteresse delle stesse dopo l'esaltazione del momento. Chazelle che quindi costruisce un buon film, un film che scorre abbastanza bene dall'inizio alla fine e riesce a mantenere (nonostante troppi "silenzi") lo spettatore incollato allo schermo catapultandolo letteralmente nello spazio insieme ai protagonisti. Dal punto di vista tecnico First Man si fa apprezzare per essere estremamente ben fatto e curato.

First Man è però un film imperfetto e presenta alcune pecche. La pecca maggiore è il provare a raccontare troppo. La storia è ricca di spunti e Chazelle prova a farci stare dentro tutto, comprese le difficoltà americane incontrate nella "corsa allo spazio" contro la Russia e le proteste dei vari gruppi contrari alle missioni spaziali, sia per motivi economici che razziali. Gli argomenti sono interessanti ma deviano così tanto dalla storia principale e vengono trattati, per questione di tempo, in modo troppo semplicistico e frettoloso da risultare quasi fuori contesto e superficiali. L'altra pecca è la scarsa caratterizzazione dei personaggi di contorno, che non hanno mai l'introspezione e la forza necessari per assumere spessore all'interno del racconto. Si crea così una netta frattura fra i pregevoli confronti fra Neil e la moglie Janet, carichi di rancore represso e al tempo stesso di un bisogno d'amore mai esplicitato, e i dialoghi fra l'astronauta e i colleghi, di tono e intensità indubbiamente minori. Ma nonostante tutto ciò, il film riesce ugualmente a farsi apprezzare discretamente.
Regia: Damien Chazelle si dimostra ancora una volta uno dei giovani cineasti più talentuosi in circolazione, adattando il suo unico stile a un racconto sorprendentemente intimo e umano, che attraversa eventi fondamentali del secolo scorso come la corsa spaziale e la contestazione giovanile senza eccedere in retorica e soprattutto ci ricorda che i veri eroi vivono e lottano in mezzo a noi ogni giorno, districandosi fra le loro imprese e chi silenziosamente e fedelmente li accompagna. E non importa se alcune scelte registiche lasciano un po' a desiderare (il continuo uso di telecamere mobili e movimenti bruschi della scena è a tratti disturbante), tuttavia bilanciate da alcune che danno decisamente realismo alla scena, il suo è un gran lavoro nuovamente.
Sceneggiatura: Il film molto dettagliatamente (anche fin troppo: abbreviato di circa 20 minuti esso sarebbe risultato meglio) presenta la figura dell'aviatore ed ingegnere aeronautico Armstrong sia nell'ambito privato che in quello professionale. Lo spettatore in tal modo viene reso edotto di quanto la Nasa ai tempi si adoperò al fine di attuare il tanto agognato sbarco su un pianeta sino allora completamente sconosciuto e soprattutto di quanti tragici fallimenti anticiparono il grande evento. Da un punto di vista, dunque, informativo e documentaristico la pellicola risulta molto interessante e, senza alcun dubbio anche ben girata con uno stile rigoroso e molto attinente ai fatti reali ma, ripeto, dilungandosi così eccessivamente in ciò che riguarda la fase preparatoria allo sbarco vero e proprio (più o meno tre quarti della durata del film), essa rischia di far perdere la concentrazione allo spettatore, annoiandolo un poco. Gli ultimi 20 minuti, invece, dedicati esclusivamente al vero e proprio sbarco sulla Luna da parte di Armstrong risultano talmente emozionanti, suggestivi e quanto mai fedeli alle vere riprese del tempo che valgono tutto il film.
Aspetto tecnico: First Man è un film tecnicamente molto ben realizzato con degli effetti speciali di livello, come ci si aspetta da produzioni ad alto budget, che trasportano lo spettatore nello spazio e sulla Luna in modo molto credibile. Tuttavia l'Oscar (come avevo a suo tempo già detto) è decisamente eccessivo. La ricostruzione storica di ambienti e costumi è invece decisamente convincente. Notevole infine l'uso della musica, con il compositore Justin Hurwitz capace di dare vita a una partitura multiforme che spazia tra suggestioni e generi molto diversi tra loro. Non male neanche la fotografia.
Cast: Ryan Gosling interpreta in maniera soddisfacente il personaggio di Armstrong, presentando il ritratto di un uomo serio, provato dal dolore, dedito alla famiglia e con il sogno da realizzare, di compiere un'impresa unica sino a quel momento. Colpisce invece parecchio la recitazione di Claire Foy, nel ruolo non facile della moglie dell'astronauta. Una interpretazione intensa che delinea perfettamente la psicologia di un personaggio fondamentale nella storia personale di Neil Armstrong. L'affascinante attrice britannica dagli occhi di ghiaccio insomma, dopo la brillante interpretazione in Unsane, decisamente si conferma. Infine, anche se non utilizzati perfettamente, meritano menzioni tutti gli altri interpreti. Da Christopher Abbott (recentemente molto apprezzato in Catch-22) a Kyle Chandler (chiamato spesso ad Hollywood ultimamente), da Jason Clarke a Corey Stoll, fino a Pablo Schreiber, Ciaràn Hinds e Patrick Fugit.
Commento Finale: Dopo il successo planetario ottenuto con La La Land, Damien Chazelle abbandona il musical per addentrarsi, con buona personalità, nelle pieghe del film biografico, scegliendo come protagonista un "first man" che ha segnato la Storia. Dimostrando grande coerenza con le pellicole precedenti nel porre al centro della vicenda un uomo e la sua sfida personale (e non solo professionale), Chazelle orchestra un efficace biopic che spoglia di qualsiasi orpello una storia a forte rischio di enfasi retorica. Armstrong, colto in tutta la sua intima fragilità, anche come padre di famiglia segnato dal lutto, viene tratteggiato attraverso non pochi, significativi dettagli, sia all'interno della sua sfera privata, sia all'interno della sua carriera nella NASA, per cui effettuò il primo volo spaziale nel 1962. Un racconto intimista che vive dello spettacolare fragore delle sequenze nello spazio (impossibile non segnalare il folgorante incipit e l'emozionante messa in scena dell'allunaggio) e di momenti di riflessione funzionali a far emergere il carattere e la missione "interiore" del protagonista. Ma le emozioni spesso si fermano all'indubbio splendore visivo, grazie a una regia ora ipercinetica ora controllatissima, che riesce però bene a modulare il carattere contrastante delle due anime del film. Lo sviluppo narrativo risulta fin troppo lineare e accomodante, ma la mano di Chazelle garantisce sempre una innegabile quadratura globale. In conclusione film bello ma non bellissimo, tuttavia assolutamente da vedere.
Consigliato: First Man è un'opera sicuramente consigliabile per rivivere e soprattutto per rendersi realmente conto di quello che l'uomo è riuscito a raggiungere tanti anni fa, inducendo anche a riflettere sulla grandezza dell'Universo e sulla piccolezza dell'individuo di fronte ad esso ancor oggi pieno di mistero.
Voto: 7

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