martedì 11 giugno 2019

The Silent Man (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2019 Qui - Questa è la vera storia di "Gola profonda", e no, non si parla di Linda Lovelace, protagonista dell'omonimo porno-cult, ma dell'uomo (Mark Felt, vice-direttore dell'FBI) "silenzioso" che, nell'America che si apprestava a rieleggere Richard Nixon per il secondo mandato, portò alla luce e fu la fonte anonima (la "Gola profonda", appunto) del famoso scandalo conosciuto come Watergate. Peter Landesman, giornalista investigativo prima che regista, lo aveva già dimostrato nel suo film d'esordio, Parkland, confermandolo poi nel successivo Concussion (Zona d'ombra con Will Smith): l'oggetto del suo cinema è da ricercarsi sempre dietro le pieghe delle verità, negli angoli nascosti di vicende realmente accadute. Ispirato ai libri dello stesso Mark Felt e di John O'ConnorThe Silent Man (The Mark Felt: The Man Who Brought Down the White House) potrebbe essere perciò considerato "il dietro le quinte del dietro le quinte" di Tutti gli uomini del Presidente, opera che mai come in questi anni di cinematografia (si pensi anche a The Post di Steven Spielberg) sta tornando alla ribalta. Più nello specifico, però, il regista è interessato a soffermarsi sull'uomo dietro il "sussurratore" e, soprattutto, sul momento cruciale vissuto all'interno dell'FBI all'indomani della morte di J. Edgar Hoover (che guidava il Bureau dal 1935): la Casa Bianca colse la palla al balzo per poter finalmente mettere mano sull'istituzione che, fino a quel momento, da statuto era sempre stata indipendente e libera da qualsiasi forma di controllo governativo. È questo, senza dubbio, l'aspetto più interessante del film, che si concentra sul difficile momento di Felt (i più lo immaginavano sarebbe stato il naturale successore di Hoover) chiamato a dover sottostare a L. Patrick Gray (Marton Csokas), nuovo direttore e uomo vicino a Nixon, primo informatore della Casa Bianca allo scoppio del caso Watergate. Peccato che la sceneggiatura talvolta fin troppo verbosa, che cerca di condensare concetti e informazioni (anche molto tecniche) dentro sguardi e momenti di alta tensione dialogica, non sempre sia perfettamente chiara ed efficace.
Misurate e ben costruite invece le dinamiche di doppiogiochismo, di detto e non detto all'interno delle claustrofobiche stanze del potere, che trovano sostegno in un azzeccatissimo cast collaterale (tra gli altri Michael C. Hall e Josh Lucas). E se la storia già scritta ha tempi narrativi impegnativi ma coerenti, la parte dedicata al Felt meno noto al pubblico (in ogni caso ottimamente interpretato, grazie soprattutto al suo imponente e statuario fisico, da Liam Neeson, il suo carisma è innegabile, come L'uomo sul treno ha confermato) è però segnata da una superficialità di fondo che impedisce all'elemento umano del film di venir fuori, i drammi e la quotidianità (della moglie Diane Lane con la quale condivide brevi e tormentati momenti di vita privata) raccontata che volevano porsi come base e motivazione dell'agire civile del protagonista mancano di consistenza (non bastasse in quel periodo conduceva indagini private per ritrovare la figlia, interpretata da Maika Monroe, poco più che adolescente, fuggita di casa chissà dove), e il troppo poco tempo dedicatogli inficia così la definitiva riuscita dell'opera. Piuttosto lineare e ben documentato sulla parte giornalistico-documentaria The Silent Man si assesta dunque sulla medietà dei film del genere, a conti fatti non ci si può però esimere dal rammarico per una storia di grande forza civile e morale, potenzialmente elevabile a capolavoro cinematografico stile Alan J. Pakula, e purtroppo limitata da qualche errore di scrittura e talvolta da un eccessivo didascalismo narrativo. Perché The Silent Man, nonostante una suggestiva fotografia e nonostante in generale sia un buon film, ha l'unica pecca di avere al suo interno molte informazioni difficili da cogliere da chi non ha mai sentito parlare dello scandalo Watergate, ma anche a chi qualcosa già conosce. Voto: 6