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mercoledì 17 marzo 2021

Young Ones - L'ultima generazione (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/03/2021 Qui - In un futuro prossimo in cui le risorse idriche sono al lumicino, un agricoltore resta tenacemente attaccato alla propria terra, un tempo fertile ed ora trasformata in un deserto arido. Attingendo molto dall'immaginario western, il film mette in scena una distopia credibile nelle premesse, ma confusa ed a tratti incomprensibile nei suoi sviluppi, tanto che quello che si preannuncia come il fulcro del racconto (la mancanza d'acqua) diventa solo un fattore secondario in una storia di vendetta familiare di modesto interesse. Nonostante interpreti quali Michael ShannonNicholas Hoult ed Elle Fanning (quest'ultima non propriamente al centro di questa storia tutta al maschile su come assumere il proprio ruolo, spodestando anche con la forza), di Young Ones si aspetta la fine come i personaggi aspettano la pioggia: un bisogno fisico e mentale che sembra non sopraggiungere mai, ma che assolve dai peccati alla prima goccia e al primo minuto di nero dopo i titoli di coda. Peccato perché le intenzioni all'inizio erano buone, ma via via si perdono, in certi frangenti sembra non esserci un filo logico. Buona la regia, discreta la colonna sonora, ma tanta noia, nonostante qualche buona scena. Voto: 4,5

venerdì 19 luglio 2019

Unsane (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 24/06/2019 Qui
Tema e genere: Unsane è la nuova sfida al Cinema di Steven Soderbergh, uno psycho-trhiller claustrofobico, teso ed angosciante, un film girato in modo e in una tecnica non del tutto standard.
Trama: Una giovane donna vittima di stalking si rivolge a una specialista, ma si ritrova suo malgrado rinchiusa in una clinica psichiatrica, dove farà un'orribile scoperta.
RecensioneUnsane è un esperimento decisamente particolare, un film che il regista Steven Soderbergh ha realizzato con un budget limitato girando in poco tempo con vari iPhone. Un film girato con il cellulare non è che sia la novità più assoluta, si è già visto da qualche parte, la particolarità di Unsane è però quella di essere il primo film girato in questo modo per una precisa scelta stilistica e non per restrizioni di budget. Unsane infatti, che ha, grazie all'uso di cellulari per la ripresa, che deformano la percezione soggetto-sfondo, un approccio visuale versatile e coinvolgente, riesce proprio per questa scelta stilistica a trasmettere il senso di impotenza della protagonista, entrata in una spirale degenerativa che assottiglia sempre di più il confine tra sanità mentale e follia. E difatti il film risulta profondamente inquietante pur senza far mai realmente paura e consente allo spettatore una profonda identificazione con la protagonista e le sue paure, e più in generale con il tema dell'opera: non siamo più capaci di un contatto umano reale, tra noi e l'altro c'è sempre di mezzo uno schermo, l'amore diventa ossessivo e i rapporti di amicizia impossibili. Non è un caso che il film parta come una farsa kafkiana, si trasformi in un'acida satira politica e poi si tuffi a capofitto nel thriller psicologico, per culminare infine in una mescolanza organica di tutte e tre le cose. E al centro un'aspra critica al sistema sanitario statunitense, ma anche e soprattutto la rivalutazione di una femminilità che è disposta a tutto pur di trarsi in salvo: sotto-testo costante una riflessione sui social-media contemporanei. Qui infatti, e non per caso, l'uso dell'iPhone per le riprese riecheggia il fulcro del film: in una contemporaneità in cui sembra impossibile non riuscire a mettersi in contatto con la persona che si desidera, in cui quindi uno stalker diventa una presenza ineludibile e onnipresente, in grado di raggiungere ovunque la propria vittima, l'ossessione è l'unico scenario possibile. La possibilità che da persecutore digitale (sui profili Facebook o Instagram, come sottolinea Matt Damon nel suo interessante cammeo) il carnefice si trasformi in una sagoma ubiqua anche all'interno dello spazio reale è tutt'altro che fantasiosa, più concreta che mai. Allora la scelta del dispositivo mobile specchia il tema centrale di Unsane: la tragica facoltà di un incubo digitale di affiorare all'interno di uno spazio tangibile (per giunta istituzionalizzato). Insomma un film sociologico e teorico che riflette sul mezzo per riflettere la società. Il regista infatti riesce a cogliere e raccontare con grande efficacia l'incredibile solitudine dell'uomo contemporaneo, anche grazie ad un'ottimo volto per queste paure, a Claire Foy, star della serie Netflix The Crown, protagonista assoluta e incarnazione della paura e della solitudine del mondo di adesso. Peccato che ogni tanto qualcosa si inceppi a causa di una sceneggiatura che si avvita nei troppi finali e che non sempre è all'altezza dell'intelligenza della regia.